Si sa che esiste, ma in pochi sanno dire di cosa, esattamente, si tratta.
Dante nella sua Divina Commedia ha posizionato gli accidiosi nella quarta cornice del Purgatorio (Corrono gridando esempi di sollecitudine e di accidia punita), in quanto rappresentano uno dei sette vizi (Peccati) capitali (Superbia (Rappresentata dal Leone), Avarizia (Lupo), Invidia (Cane), Ira (Orso), Lussuria (Scimmia), Gola (Maiale), Accidia (Asino) o Pigrizia).
Essere accidioso significa essere: Svogliato, pigro, negligente, apatico, inerte, indolente, fiacco, abulico, neghittoso, ozioso, poltrone.
Significa lasciarsi andare e allontanarsi da tutto per entrare in uno stato di torpore costante ove non esistono stimoli e motivi di positività.
Entrare in tale stato di torpore significa perdere qualsiasi interesse ed entrare in uno stato che abbraccia la malinconia, l'abbattimento psicologico, lo scoraggiamento, la noia, la depressione. Verso una mancanza progressiva del gusto della vita.
Rappresenta la spiccata avversione all'azione, all'attività, associata all'idea di tedio (Senso di noia, profondo e quasi esistenziale. Estrema stanchezza, cupa insofferenza) e a quella di neghittosità (Inerzia permanente. Apatia, indolenza).
E' un torpore dell'anima e della mente, misto alla malinconia (Stato d'animo di vaga tristezza, spesso alimentato dall'indugio rassegnato) e alla noia (Malessere interiore. Irritazione, impazienza, disgusto. Avvilimento psicologico. Passiva indifferenza nei confronti della vita) che impedisce al soggetto di agire.
L'accidioso è distaccato da ogni cosa, non si cura di nulla, è molto vicino alla pax cadaverica, non soffre e non gode per nulla, ogni cosa gli rimbalza addosso, senza interessarlo.
Evita le passioni, forse per paura di soffrire, così si ritira nel suo guscio e spreca la vita.
Essi sono per natura tristi e incapaci dell'eventuale giusto sdegno
Si differenziano dagli ignavi (Persone indolenti che non prendono mai una posizione e che non fanno mai nulla per evitare di assumersi delle responsabilità) per il fatto che sono privi di sensibilità ed empatia e restano impassibili davanti al male.
L'accidia già collegata a tristezza, negligenza, noia, disgusto verso la religione, può essere considerata uguale alla tanto diffusa depressione.
In letteratura la perfetta descrizione di questo stato d'animo è stato fatto da Fedor Dostoevskij con il libro Memorie dal sottosuolo.
E' raccontata, in modo raffinato come sa fare l'Autore, in forma di monologo confessione, una tormentata indagine sull'inconscio, il sottosuolo appunto. Con l'impossibilità di capire a fondo se stessi e gli altri. Con quelle memorie che passano dall'autore, al protagonista e infine al lettore.
Con un invito conclusivo implicito ad avere fiducia incondizionata in se stessi.
Ciò che tormenta l'uomo, da sempre e per sempre, è se stesso.
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