Siam fatti anche noi della sostanza di cui sono fatti i sogni e nello spazio di un sonno è racchiusa la nostra breve vita.(Shakespeare/Bacone)

E' l'ambiente in cui veniamo cresciuti a determinare le nostre inclinazioni e le nostre aspirazioni.

15 agosto 2023

RIPRENDERSI LE PIAZZE DELLE CITTA'

 




Dalla metà del secolo la concezione del vissuto quotidiano nell'ambito urbano ha subito delle rimodulazioni, non sempre condivisibili. Le Piazze, le Strade del passeggio, le Stazioni ferroviarie ed automobilistiche, gli stessi Parchi pubblici, da luoghi di contatto, di incontro, di passeggio, di intrattenimento, più o meno lungo, sono diventati dei luoghi in cui il Cittadino invece di essere trattenuto, ospitato, per il tempo libero o per il tempo di transito, è visto come un essere indesiderato, inopportuno. 
Un non luogo dal quale l'umano deve essere espulso, appena possibile. 

Coi nuovi concetti pseudofilosofici gli architetti (In primi, ma con la presenza di altri professionisti) si sono avventurati verso nuove forme di linguaggio urbanistico. Con l'avallo della pacchiana politica, incapace di saper distinguere il grano dalla zizzania. 
Dai luoghi pubblici sono praticamente scomparse le fontanelle, sono scomparse le comode panchine sulle quali, una volta, era possibile sedersi per riposare e, magari all'ombra di un grosso albero, leggere un giornale, oppure un libro. In ogni dove, nelle nostre città, compaiono strutture aventi la funzione, orribile, di dissuadere il cittadino dalla sosta. Egli deve percepire, anche psicologicamente, che da quel luogo pubblico deve allontanarsi appena possibile.
Questa "scuola di pensiero" perverso ha portato alla scomparsa di panche, panchine, muretti, punti di sosta, nelle stazioni. Con una ossessione per l'adozione e posa in opera di pali, paletti, tubi, solidi, sfere, piramidi, ostacolanti la possibile seduta. 
Nelle vie di certe città è, purtroppo, visibile la presenza di elementi dissuasori della sosta pedonale, come quello mostrato in foto. In tali luoghi la percezione è che il cittadino deve stare attento a non fermarsi e a non cadere. Per evitare di farsi male!
E' questa una architettura mefistofelica che va respinta al mittente. I cittadini dovrebbero abituarsi al rifiuto delle sciocchezze che vengono propinate come opere d'arte. 

Abituiamoci a chiamare le cose col proprio nome. Non dobbiamo aver paura di definire "emerita stupidaggine" ogni ipotesi considerata tale, anche se i media ce la presentano come una cosa eccezionale, divina, architettonicamente parlando. 
Abituiamoci a ragionare con la nostra testa. Diciamo pane al pane e vino al vino.

In sintesi, dobbiamo abituarci a vivere i momenti negli spazi pubblici, con serenità, non con ansia, non con apprensione. E tutte le volte che i nostri passi si scontrano con qualcosa di blasfemo, diabolico, dobbiamo avere la forza di opporre un netto rifiuto. 
Tali architetture (Non so fino a che punto si possa accettare tale definizione), dette del disprezzo, non possono che essere espulse, rifiutate, dalle città. Anche per evitare ulteriori elementi di disaggio fisico e psicologico nei cittadini.
 Magari anche urlando contro le brutture che dilagano nelle città.
Dobbiamo, tutti, riprenderci le piazze, le vie, i luoghi pubblici, le piante, il verde pubblico, col loro vissuto sereno e pacifico. Le città, i paesi siano capaci di trasferire emozioni, a tutti. Ai residenti e agli ospiti.

Chiediamo, a voce alta, il ripristino di sedute, di gradini, di panchine, di fontanelle, di alberi. Prendiamo a pedate tutti coloro che si dilettano a fare potature baresi, o di qualsiasi altra provincia, sugli alberi d'alto fusto.  
Riprendiamoci le piazze per poter buttar via quella strana impressione, che ci pervade, e ci costringe a pensare che la città non ci appartiene. Escludiamo dalla città l'architettura del disprezzo.
No! La città è nostra. Dobbiamo riprendercela tirandola fuori dalle grinfie di coloro che l'hanno abbrutita, pur sostenendo, retoricamente, di volerla migliorare. 
Lo spazio urbano deve acquisire una visione vivente e significativa. Non deve essere inerte, morta, di transito. Deve essere, sempre, al servizio dell'uomo. Armonicamente. 

Bisogna, comunque, riconoscere che nel mondo esistono delle città ove l'architettura del disprezzo è messa al bando. Parigi è una di queste. Per le vie di questa città si possono vedere e godere una serie di insule ove potersi fermare, sedere, sdraiarsi, togliersi le scarpe e riposarsi un po'. Questa è una di quelle città in cui ti senti a casa tua, sin dalla prima volta. E' raro trovare, in Italia, città capaci di trasferire questa piacevole sensazione. 

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