Altre volte ho scritto di questa isola e dei corsi, con profonde radici toscane, acquisita, furbescamente, dai francesi, non molto tempo fa.
Ma essa come è descritta dai letterati?
Seneca la definisce così.
"Selvaggia, con scoscese rupi. Sinistra, desolata nei suoi luoghi deserti.
Non produce frutti in autunno; non da messi d'estate. Nessun germoglio allieta la primavera piovosa e nessuna erba cresce sul suo suolo maledetto. Pane non v'è, non un sorso d'acqua, non il fuoco estremo.
Due son le cose che ci sono qui: l'esiliato e l'esilio".
Naturalmente le cose, ora, son cambiate. L'agricoltura è presente. La bellezza selvaggia del posto ha sempre il suo fascino. E tanta gente ha lasciato volontariamente la propria patria per vivere serenamente in questo luogo. Oggi, più che mai, questo gioiello è vissuto da gente che è il risultato dell'incrocio delle innumerevoli culture e popolazioni che nel corso dei secoli hanno percorso, col ramoscello d'ulivo o con le armi, il Mediterraneo.
Nessun commento:
Posta un commento