Ancora una lirica, di quelle malinconiche, di Carlo A. PASCALE. Di quelle che ad ogni lettore, anche il più distratto, fa pensare alla propria vita, alle proprie emozioni, alle proprie sofferenze, passate e presenti, al proprio prato. Vibrante, romantica.
E’ vestito di
duri sterpi il mio prato
Nel campo lungo
del mio pensiero
E nella mia visione
s’addobba di alberi scabri.
Nella luce e nell’erba
i miei sensi,
Negli odori più
maturi..
Salto di corolla in
corolla sui fremiti lenti del vento
e piglio per lo
spazio che non ha fine.
C’è il fiato rotto dall’ansia,
in ciò che resta
di un uomo.
Sono il cavaliere del Graal che cerca il sangue del
Golgota.
oltre il senno dell’uomo nel bruciore di sale
e di aceto.
Il mio prato è dove cade il sudore delle mie
tempie,
Dove s’infossano
i piedi per mescolare la terra,
Dove succhiano radici di
vita e steli lanciati nel sole.
Il mio prato è
dove batte il mio cuore e non sa le profonde ragioni.
Batte, Dio mio.
Il mio prato ha
bisogno delle mie lacrime
quando il vento
fa tremare la ceppaia morta
e il sole annera
le foglie.
Il mio prato è dove ho piegato la testa per entrarvi,
dove c’è maestria
d’usignolo nel nido di seta .
Era verde il mio prato come un mantello di re
Soffice come l’aria
del mattino,
Dove soffia il vento del Sud
Africano per patire.
L’altro prato è nascosto
e si estende nella mia devozione.
E’ quello dove
corro da anni cercandomi.
Il mio prato è
quel fosso di foglie rossastre che
marciscono.
Nelle mie lacrime.
Il mio prato è
fremito di coriandoli bianchi
che han voglia di
danzare nel vento.
di Carlo A. PASCALE
Diceva Rousseau che ha creato la proprietà quell'uomo che fopo aver recintato un pezzo di terra abbia dettp: Questo terreno è mio. Sorgeva la proprietà privata con tutte le sue maledizioni. Ma cìè un prato che aòppartiene esckusivamente al singolo uomo. Quel prato l'uomo deve coltivare. A quel prato deve dedicare le sue cure. Di quel prato sarà chiamato adare conto. Quel prato è l'unicità della nostra vita.E allora, lo dico a tutti i lettori e in particolar modo ai più agffettuosi ed esigenti,spetta ad ognuno di noi identificare il proprio prato, amarlo, coltivarlo e metterlo a frutto nel migliore dei modi.In quel prato si coltiva essenziamente la vita, la nostra singola esistenza con il suo valore morale e4 sociale. Ma chi può mai giustificare il suo campo e affermare ce esso è bello e compiuto? Nessuno. Ed ecco allora che esso assume la qualità e la consistenza di un cumulo di coriandoli che danzano nel vento.
RispondiEliminaIl poeta non fa altro che suggerire e suggestionare. Che aprire nuove strade e cercare nuovi oriozzonti.
Un abbraccio a chi mi legge r soprattutto a chi legge la poesia e su di essa comincia a riflettere.
UIn abbraccio
Cafrlo Pascale