Siam fatti anche noi della sostanza di cui sono fatti i sogni e nello spazio di un sonno è racchiusa la nostra breve vita.(Shakespeare/Bacone)

E' l'ambiente in cui veniamo cresciuti a determinare le nostre inclinazioni e le nostre aspirazioni.

27 febbraio 2023

IL SOLE NEGLI OCCHI. FRANCIA

"Calma brigante!" lo trattenne il sorvegliante... 
"Li senti quelli? Prova a non metterti nella loro stessa condizione", gli disse ancora il carceriere indicando col capo il chiasso che proveniva dal cortile...
"Questo invece esce. 
È quel ragazzo italiano dal volto pulito", disse un altro. 

Peppe, recluso da due mesi, continuava a scalpitare come un puledro infastidito, e ...
 Quando, poi, con una pacca sulla spalla, Peppe stava per essere “buttato fuori”, piovigginava,...
 "La prossima volta, se dovessi di nuovo capitare da queste parti, portati l’ombrello" , lo coglionò il carceriere. 
Peppe lo guardò con bonaria insolenza e disse: "Perché tu credi che ci sarà una prossima volta?" ...

Poi il carceriere lo guardò con più attenzione e con voce quasi paterna gli ripeté: "Sei ancora tanto giovane per macchiarti di reati di lunga reclusione. Lasciale ad altri le bravate. Sei italiano, vero?"
"Ma io… Io non avevo fatto nulla di male." ...
"Io non sono un vagabondo. No! Non sono un vagabondo, anche se mi piace cantare e recitare. E anche lavorare. Perché no?"
"Non sei, dunque, un Clochard? Bene! Anzi benissimo. Ma, almeno qui da noi, neppure i Clochard vomitano e pisciano sopra le panchine", gli disse il carceriere mentre gli rivolgeva un sorriso di circostanza.
"Sei di Napoli, vero? Si! Devi per forza essere di Napoli. Canti, reciti e pisci per strada?!"
"No. Sono un po’calabrese e un po’ anche di Torino." ...
"Pensi! Di un paese che si chiama Benestare, e a dispetto del bel nome non si sta bene per nulla, altrimenti ora non mi sarei trovato qua. Da casa mia, io il mare lo posso quasi toccare con un dito. Non come qui, da voi, a Dunkerque, che il mare ora c’è e ora non c’è."
"Sarà dura per te ambientarti a questa latitudine. Però…"
"Avevo troppe angosce in cuore e pensieri in testa quel giorno. Non avevo bevuto per malcostume."  
"La prossima volta, quando esci, le angosce e i pensieri lasciali a casa."
"A volte si esce di casa proprio apposta."

 Erano le tre del pomeriggio e dal tetto a cupola in vetro spessissimo della galera a mala pena s’intravedeva il cielo attraverso quella lastra volutamente opaca e incenerita dai getti di fumo carbonizzato delle ciminiere dei cantieri.
 Quando il portone, cigolando, si richiuse dietro le sue spalle, a Peppe era venuta voglia di mettersi a correre verso Claudine già certamente sgravatasi da qualche giorno e, invece, appoggiò le spalle contro il forte bugnato della base del palazzo e si fermò pensieroso sotto le rare gocce d’acqua che difficilmente avrebbero riempito il contenitore di metallo messo lì apposta per i bisogni della lavanderia della galera. E rimase inchiodato lì con la testa fra le nuvole.
 “Pensare aiuta a vivere”, disse tra sé e sé. Ma anche se sotto un cielo imbronciato, la libertà dopo due lunghissimi mesi di carcere gli stava facendo girare la testa.
 L’avevano “preso” su una panchina che puzzava di alcool e piscio con le spalle rivolte al mare, la testa reclinata all’indietro e gli occhi chiusi come se fosse già morto, o stesse per morire. E invece dormiva.

  Una spyder si fermò accanto al marciapiede davanti al casermone proprio nel momento in cui incominciavano a cadere le prime vere gocce anche dalla parte orientale della città. La donna alla guida, levato il braccio dal volante, lo ribaltò all’indietro e si tirò la cappotta sopra la testa, e mentre si sistemava il foulard che le fasciava il viso, si attardò a guardare il giovane infagottato in una tuta chiazzata di vernice, con le spalle appoggiate al muro, una mezza sigaretta spenta incollata sul lato sinistro della bocca e un giornale vecchio di sessanta giorni sotto il braccio. Sembrava interessata soltanto al dipinto “indossato” dal Clochard. «Un buon quadro astratto», ha pensato osservando la salopette.
 Il rancore vero del cielo non tardò a farsi sentire, prima con un’improvvisa saetta che squarciò l’etere e tutto intorno si fece argento fuso, poi con un tuono che scosse anche il casamento, e quindi la pioggia che aumentò d’intensità. 
 La donna, al sicuro, appoggiò il mento sul volante e parve presa da mille pensieri mentre indifferente osservava l’acqua cadere dentro il bidone di latta.
 Piuttosto studiata, anche in quell’occasione Peppe porse una guardata qualunquistica verso la spyder. Era un suo abituale atteggiamento. Uno studiato menefreghismo che aveva il potere di stimolare la curiosità delle donne che, spesso, da quel gioco ne uscivano sconfitte.
 “Tutti uguali i clochard!”, pensò la donna e non finse come lui, ma…: "Ehi…!", chiamò. "Ehi…tu!", e quasi si sgolò nel tentativo di farsi sentire dal finto sordo.
 Il ragazzo, però, perse la sicurezza e accennò a uno stentato sorriso. Aveva dentro ancora la galera patita, e una lacrima gli calò lungo le gote. Poi le lacrime gli corsero copiose. Era fatto così Peppe. A volte “gradiva” apparire quello che effettivamente non era; a volte voleva dare l’idea dell’uomo forte mentre dentro moriva. Sbadatamente si asciugò l’umore col dorso della mano e s’avviò, sconfitto nel “suo” orgoglio, verso la Peugeot metallizzata, ferma lì da qualche minuto. 
 Dall’interno, la donna gli sbloccò lo sportello, e lui le fece il “favore” di sedersi al suo fianco. Poi lei si tirò la gonna al di sopra dei ginocchi per aver maggiore libertà nei movimenti delle gambe. Inserì la marcia e la macchina si mosse con lentezza. Peppe “accondiscese”, ora finalmente, di darle un’interessata guardatina. La valutò sui cinquanta anni, ma aveva ugualmente il viso stirato, le pupille bene equidistanti, le labbra tumide, e quando apriva la bocca lasciava intravedere due filari di denti bianchi, allineati e composti. Aveva di certo molto di più di una buona metà dei suoi anni. Indossava un elegante abito scozzese grigio chiaro e sotto la camicetta aveva una sciarpa di seta che – pensò lui – le accarezzava i seni che odoravano di Chanel. 
Lui invece “profumava” di vernice al nitro e di chiuso di galera.

"Che ci facevi sotto la pioggia?" gli chiese la donna quasi con tenerezza, "ti abbeveravi come… Come uno stupido", semplificò.
 Sentendosi colto in fallo: "Devo andare a casa, in rue Leon Beyart. Dall’altra parte della città", rispose Peppe semplicemente.

Stralcio rimodulato da F. Guidace da "Il sole negli occhi", romanzo di Giuseppe ROMEO, attore di teatro. 

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