Le Grazie, secondo Esiodo, sono tre:
Aglaia, in greco antico: Ἀγλαΐα, «splendente» era la Grazia dello Splendore;
Eufrosine, in greco Εὐφροσύνη, Gioia era la Grazia della Letizia;
Talia, dal greco θᾰ́λειᾰ (thaleia), che significa "abbondanza", "prosperità" era la Grazia della Pienezza e Portatrice di fiori.
Sono dette le Cariti dal greco χάρις «grazia».
Queste dee benefiche sono ritenute figlie di Zeus e di Eurinome.
Eufrosine, in greco Εὐφροσύνη, Gioia era la Grazia della Letizia;
Talia, dal greco θᾰ́λειᾰ (thaleia), che significa "abbondanza", "prosperità" era la Grazia della Pienezza e Portatrice di fiori.
Sono dette le Cariti dal greco χάρις «grazia».
Queste dee benefiche sono ritenute figlie di Zeus e di Eurinome.
Sono simbolo della perfezione a cui l'essere umano dovrebbe tendere, nonché, secondo alcuni autori, le tre qualità essenziali della donna in prospettiva classica.
- Seneca nel “De beneficiis” racconta che le tre giovani donne rappresentano l'atto dell’offrire, l’accettare ed il restituire, simboleggiato dall’intreccio delle loro mani.
- Secondo la visione neoplatonica l’unità dell’Amore viene espressa con la triade delle Grazie, come afferma Pico della Mirandola. Quindi le tre dee sarebbero le tre forme dell’Amore: Castitas (la Castità, colei a cui è rivolta la freccia di Cupido e la più sobria nelle vesti. Rappresenta l'astensione da ogni attività sessuale, o, anche, da manifestazioni o pensieri che vi abbiano in qualche modo attinenza), Voluptas (la Voluttà. Rappresenta il piacere intenso e diffuso che si prova nella soddisfazione del desiderio sessuale. Si intende, anche, godimento inteso, talvolta morboso, che deriva dal soddisfacimento di un impulso materiale o, anche, spirituale) e Pulchritudo (la Bellezza. La qualità capace di appagare l'animo attraverso i sensi, divenendo oggetto di meritata e degna contemplazione).
In foto Le tre Grazie - Antonio Canova - 1817 - Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo
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