Siam fatti anche noi della sostanza di cui sono fatti i sogni e nello spazio di un sonno è racchiusa la nostra breve vita.(Shakespeare/Bacone)

E' l'ambiente in cui veniamo cresciuti a determinare le nostre inclinazioni e le nostre aspirazioni.

25 giugno 2024

IL TEMPO SECONDO PITAGORA

 Ha abbandonato la sua isola (Samo) e chi la dominava, per odio della tirannide, per trovare sereno rifugio nella città della foce del fiume Esaro. Era una serena mente pensante che dopo aver studiato vari aspetti della vita li esponeva all'attenzione della gente, che lo ascoltava in religioso silenzio.
Dava risposte sull'origine del mondo sulle cause delle cose. Spiegava la provenienza della neve, dei fulmini, dei terremoti, le leggi che governavano il movimento dei pianeti e delle stelle.

E, a proposito della variabile tempo nella vita dell'uomo diceva:
"Non c'è nulla che duri in tutto il mondo!
Tutto scorre, ogni immagine assume contorni fluttuanti.
Anche il tempo scivola via con moto incessante, come la corrente di un fiume.
Come non può arrestarsi il fiume, così non lo può l'ora fugace; 
come ogni onda è spinta da un'altra e mentre riceve l'urto da quella che le sta alle spalle lo trasmette a quella che la precede. 
Così se ne va il tempo in un avvicendarsi costante: e pur si rinnova.
Infatti quel che è stato diventa passato, quel che non era ancora diventa presente e tutti i momenti che viviamo sono nuovi".

23 giugno 2024

VIAGGIO A/R NEL REGNO DEI MORTI

 Il viaggio nel regno dei morti, di sola andata, lo faremo tutti, solo pochi eletti hanno avuto la possibilità di farlo con biglietto di andata e ritorno.

Tra essi:
-Dante Alighieri, come risulta nella Divina Commedia;
-Virgilio, autore dell'Eneide;
-Enea, figlio di Anchise e di Venere (La bella dea dell'amore), figlia di Zeus, in fuga da Troia, distrutta dai Greci;

SOLSTIZIO D'ESTATE

 


21 giugno 2024

SCILLA



Scilla è una bellissima fanciulla trasformata prima in mostro latrante, dal ventre in giù, e poi in scoglio sullo Stretto, fra Zancle e Reggio (Tra l'Ausonia e la Sicilia, tra Scilla e Cariddi), da Circe, per il non corrisposto amore verso Glauco, che si era rivolto a lei per trovare la magia giusta per convincere la ragazza ad accettare la passione del dio.

Glauco vistosi rifiutato dalla bella Scilla, preso da una passione ardente, decise di rivolgersi a Circe, figlia del dio Sole, per trovare la soluzione magica necessaria per convincere la ragazza amata che non voleva saperne di accettare le sue richieste.
Circe, già innamorata di Glauco, accetta di fare una pozione di erbe, non per far avvicinare Scilla al piacevole dio, ma, al contrario, per farla allontanare. 

"O dea, abbi, ti prego, pietà di un altro dio!
Tu sei la sola ad avere il potere di alleviare quest'amore che mi possiede.
La causa del mio delirio amoroso ... ti svelerò ... fu Scilla.
Arrossirei se dovessi riferirti le promesse che le feci, le preghiere e le lusinghe che le rivolsi ... che altro non raccolsero che disprezzo.
Non voglio liberarmi di questa passione, voglio solo che anche Scilla la provi".

Circe, seconda a nessuno per ardori amorosi, adirata per il perdurante trasporto amoroso di Glauco verso Scilla, decise di agire contro la bella fanciulla, anche al fine di avere Glauco tutto per se.
E, in seguito alla contaminazione delle limpide acque di quel piccolo golfo profondo che costituiva il prediletto rifugio, il corpo di Scilla, subito dopo l'immersione, fino al ventre, si è trasformato in tanti mostri latranti.
Glauco scioccato per l'azione messa in atto contro Scilla, da Circe, scappa via dalla dea che, nonostante tutto, bramava di unirsi a lui.
Scilla, seppur trasformata, dal ventre in giù, in orribili mostri ha fatto di tutto per vendicarsi contro i Greci considerati responsabili, coi loro dei, della sua metamorfosi. Ma subito dopo l'attacco contro i compagni di Ulisse le divinità hanno pensato opportuno neutralizzarla trasformandola in uno scoglio aspro e lucente che, ancora oggi, emerge con rabbia e orgoglio sulle acque davanti a Cariddi.

18 giugno 2024

FRATELLO MINORE DI AGAMENNONE

 L'evoluzione della società ha portato una crescita esponenziale di persone con le caratteristiche del "fratello minore di Agamennone".

UOMO LIBERO E MAI SCHIAVO

 Era un uomo libero, mai schiavo di nessuno. 
Padrone di se stesso anche davanti al suo spietato sacrificio.
Orgoglioso e fiero di se stesso come Polissena la più giovane delle figlie di Priamo, re di Troia.

Il reiterato passaggio dei due figuri, "brutti come lo scuro", l'aveva portato a chiedere "chi sono quei due? (Cu sunnu chigli dui?)"
E, poi, all'ultimo passaggio, visto quel figuro bastardo, pensando a Neottolemo, con la spada sguainata, che lo fissava con occhi sgranati, da drogato, gridò: "Bastardo prendi il mio nobile sangue col piombo della tua arma, ma ricordati chi sono io. Io sono un uomo libero, mai schiavo di nessuno, come lo sei e sarai sempre tu!
Sì, tu sei un semplice schiavo. Schiavo di bastardi, molto più bastardi (figli di cagne perennemente in calore) di te e di qualsiasi altro.
Con la mia morte non placherete - dillo ai tuoi amici selvatici e barbari - alcuna sete di potere, alcun desiderio di onnipotenza".

"Avrei preferito che la mia Mamma non vedesse la mia fine. E' lei, ora, che mi preoccupa. Mi porta sofferenza sapere la quantità di dolore che attraverserà, per sempre, il suo corpo e la sua anima.

Ora che avete versato il vostro veleno, vi prego, allontanatevi in fretta. Vi prego, scappate via, non fatevi vedere da qualcuno a me caro. Allontanatevi in fretta perché io possa assopirmi nelle nelle sue braccia fraterne.
Andate via. Andate via prima che, che lui venga e vi veda. Scappate!

E, se avete un briciolo di umanità, ricordate e riferite che è un uomo libero, non uno schiavo, che avete di fronte."

Poco dopo al giovane si piegarono le ginocchia e cadde per terra, in quell'angolo, vicino a quei macchinari lindi, appena lavati, mantenendo il volto intrepido davanti alla morte.
E, anche, mentre cadeva si preoccupò di coprirsi la faccia, per restare composto e mantenere la dignità del suo pudore. Con la sua faccia pulita.

Due braccia fraterne raccolsero e piansero quel corpo privato della sua anima.
Caduto per una lotta impari, da solo, ma a difesa di tutti. Anche di coloro che, per paura, non l'hanno difeso.

"Figlio mio, figlio mio, supremo dolore per tua madre. 
Figlio mio sei morto e le tue ferite sono le mie ferite."

Eri un giovane bello e laborioso. Eri sorridente con tutti. Nessuno poteva immaginare una tale barbarica azione. Ed è stato quello stesso barbaro che ha intinto il pane nel tuo piatto. Lui e i suoi accoliti sono la peste di quella bella terra. Costoro sono quelli che hanno spogliato quella terra dei migliori figli, il tutto nella più assordante indifferenza di chi dovrebbe difendere e tutelare il Diritto di quella Gente.
Con il dolore senza fine per chi resta, sapendo di doversi guardare, ben che vada, dei tanti serpenti a sonagli che vivono e vegetano senza particolari patemi d'animo.

Pensando a quella Madre che prima era al vertice della fortuna, ricca di figli, di nipoti, sposa di un uomo onesto ed ora diventata schiava del dolore, muta, morta. 
Una morta vivente, ma non per molto tempo.
Bastardi, maledetti fino alla settima generazione, come dice, anche, la Bibbia. 

IL LUSSO DEL SILENZIO

 Nella vita certamente ti sarà capitato di dover interagire con persone presuntuose, aggressive, arroganti, prive di raziocinio, che hanno cercato di coinvolgerti con le loro considerazioni, i loro punti di vista, le loro accuse, in beghe insulse. 
Magari tante volte hai reagito cercando di dimostrare la correttezza del tuo punto di vista, nel rispetto del convincimento altrui, magari non condiviso; col risultato finale di una profonda amarezza, in bocca e nell'animo. 
E, allora, quando ti trovi davanti un idiota, o una persona ad essa assimilabile, cosa è meglio fare?  Come comportarsi?
La risposta, sempre valida, è il lusso del silenzio.
Non sei obbligato a:
-rispondere o parlare con tutti;
-lasciarti trascinare in brutte, acide o volgari conversazioni.

Allora, che fare nel pratico? 
Semplice:
-ignora il tuo interlocutore. Sì, fai finta che non ci sia; come se fosse aria;
-respira a pieni polmoni e vola con la fantasia in altri luoghi;
-sorridi a te stesso, ignorando persone e luoghi che ti stanno intorno;
-pensa a te stesso, alla tua vita, a chi sei, da dove vieni, alle tue radici, ai tuoi progetti di vita;
-taci, evitando inutili discussioni, dalle quali la persona colta, saggia, intelligente, esce, sempre, perdente;
-all'idiota che corre con le parole, qualunque sia il loro tenore, rispondi con la calma, la freschezza dell'aria di montagna, il gusto, il lusso del silenzio.

Tacere ha un significato altamente simbolico. Dice, col suo fragoroso silenzio, al tuo interlocutore che hai capito il livello del suo valore intellettivo, considerato non meritevole della tua attenzione. 

13 giugno 2024

LA VERITA' - LA GIUSTIZIA

 La Verità è qualcosa di intimamente legato alla variabile tempo.
E' qualcosa di mutevole, di provvisorio. Mai definitivo.
Essa vive in un misto inestricabile con la menzogna. E districarsi in questo labirinto implica accettare che esiste solo la sua dimensione verosimile, che invita ad accogliere le spiegazioni più plausibili dei fenomeni, senza preclusioni o pregiudizi, e senza pretese di assolutezza.

La Giustizia è qualcosa di strettamente dipendente dalla variabile luogo, sito. Ciò che è giusto in un posto, in un altro può essere considerato ingiusto.
In ogni caso essa deve essere, sempre, distinta, indipendente, autonoma, rispetto al potere esecutivo. Sempre.

POLITICA

 Nella società moderna, diciamo meglio attuale, è consolidata la convinzione che per trovare la soluzione ad ogni problema la strada giusta è quella di avere come amico un politico potente.

Nei tempi passati davanti ad una palese ingiustizia ho suggerito, senza alcun dubbio, il ricorso alla Magistratura. Ero convinto che quella fosse la strada giusta per ottenere Giustizia. L'esperienza mi ha insegnato che dei tanti ricorsi alla magistratura suggeriti solo in pochissimi hanno portato il giusto ristoro. Molti ricorsi non son serviti a nulla. Anzi, hanno solo danneggiato le tante persone che ad essa magistratura hanno fatto ricorso. 

La stragrande maggioranza degli Italiani, oramai rassegnati e, forse, impecoriti, vota (A livello nazionale e specialmente locale) avendo in testa un becero ragionamento: 
la necessità di investire su quei candidati che già hanno un potere e aiutarli a consolidarlo, serve al fine di trarne, al momento opportuno, il massimo beneficio.
Ecco spiegata, almeno parzialmente, la nascita e la crescita di tanti palloni e palloncini gonfiati, specialmente a livello locale dove il livello culturale ed economico sono piuttosto bassi.

LA SCIENZA

 La Scienza spesso è stata accusata di creare instabilità psicologiche nelle coscienze ogni qualvolta che i semi del dubbio vengono instillati nel criterio del libero arbitrio.
La Scienza non è, e non dovrà mai essere, un morbo per l'uomo. Semmai è una stampella per portare sostegno al suo cammino. Essa non sferra attacchi contro nessuno. Tantomeno alle fedi religiose.
Le basi terze, libere, della Scienza sono state poste dal Galilei con l'introduzione delle domande su Studio, Ragione, Esperienza.
Studio Esperienza Progetti.
 

11 giugno 2024

SCETTICISMO

 E' l'atteggiamento di chi esclude la possibilità di una conoscenza assoluta delle cose e della verità.
E' scettico chi dubita di tutto; chi non crede in nulla per principio. E' colui che non è ottimista e non ha fiducia, fede, in alcun ideale o altro.

Lo scetticismo quando smette di essere una canonica domanda di conoscenza e di dubbio può diventare una patologia dell'anima, che porta l'uomo nella perenne incertezza intellettiva. Incertezza che erode i fondamenti del vivere civile.

La società fino a poco tempo fa era credulona su tutto ciò che era diffuso dai media; ora allo stato attuale, tende a dubitare di tutto. Anche di tutte quelle fonti prima considerate di enorme valenza etica o morale o sociale o religiosa. 


PARLARE E SCRIVERE BENE

 Le 40 regole per parlare e scrivere bene l'italiano, secondo Umberto Eco. 
Con le osservazioni personali. 

1. Evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi.
-Raramente faccio allitterazioni. 

2. Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario.
-Usato quando necessario. 

3. Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata.
-Non amo riportare frasi fatte. 

4. Esprimiti siccome ti nutri.
-Sì, il mio linguaggio è semplice e lineare come la mia vita. 

5. Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc.
-Mi capita di usare sigle, abbreviazioni o altro, ma, in modo preventivo, spiego, sempre, il significato esatto. 

6. Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso.
-Parentesi o incisi in molti casi sono indispensabili perché interrompono il filo del discorso e distraggono anche foneticamente la lettura. 

7. Stai attento a non fare... indigestione di puntini di sospensione.
-I puntini di sospensione li uso, non spesso, ma li uso. E, anche essi, spesso sono insostituibili. 

8. Usa meno virgolette possibili: non è "fine".
-Quando si riportano frasi o parole dette da terzi è necessario tale uso. Non sarà fine, ma è chiaro e preciso. 

9. Non generalizzare mai.
-Bisogna stare attenti a non farlo, ma qualche volta ci sta. 

10. Le parole straniere non fanno affatto bon ton.
-Non è bello, ma spesso faccio uso di alcune parole straniere, per sintesi. 

11. Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: "Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu."
-Riportare le cose dette da altri non mi piace. Con delle eccezioni che riguardano le eccellenze. 

12. I paragoni sono come le frasi fatte.
-I paragoni sono come le parabole. È bene saperli, ma non riportarli. 

13. Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s'intende la spiegazione inutile di qualcosa che il lettore ha già capito).
-Il detto latino dice che giova ripetere un concetto, ma è pur vero che spesso ripetere più volte la stessa cosa è noioso, oltre che inutile. 

14. Solo gli stronzi usano parole volgari.
-Non uso termini volgari nella scrittura. Qualche volta faccio deroga a questa norma con il linguaggio. 

15. Sii sempre più o meno specifico.
-Sì, credo di esserlo. 

16. L'iperbole è la più straordinaria delle tecniche espressive.
-Non ne faccio. 

17. Non fare frasi di una sola parola. Eliminale.
-Alcune volte lo faccio. E le considero piacevoli. Come sopra. 

18. Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie di un serpente.
-Sì. 

19. Metti, le virgole, al posto giusto.
-Sì. 

20. Distingui tra la funzione del punto e virgola e quella dei due punti: anche se non è facile.
-Sì. 

21. Se non trovi l'espressione italiana adatta non ricorrere mai all'espressione dialettale: peso el tacòn del buso.
-Non amo ricorrere a termini dialettali. 

22. Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono "cantare": sono come un cigno che deraglia.
-Di norma non uso metafore. 

23. C'è davvero bisogno di domande retoriche?
-Raramente faccio uso di domande retoriche. 

24. Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero di parole possibile, evitando frasi lunghe — o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento — affinché il tuo discorso non contribuisca a quell'inquinamento dell'informazione che è certamente (specie quando inutilmente farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una delle tragedie di questo nostro tempo dominato dal potere dei media.
-Cerco di essere conciso, anche se alcune volte mi rendo conto di aver sforato. 

25. Gli accenti non debbono essere nè scorretti nè inutili, perchè chi lo fà sbaglia.
-Son portato, sbagliando, a non prestare la giusta attenzione agli accenti. Me ne dolgo. Vedrò di rimediare in futuro. 

26. Non si apostrofa un'articolo indeterminativo prima del sostantivo maschile.
-Sì. 

27. Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi!
-Ogni tanto mi capita di usarli. 

28. Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri.
-Non lo faccio. 

29. Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire, Roosewelt, Niezsche, e simili.
-Sì. 

30. Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza perifrasi. Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX secolo, l'autore del 5 maggio.
-È quello che faccio. Con qualche sporadica eccezione dovuta alla fretta. Bella l'ode di Manzoni in omaggio alla figura di Napoleone.

31. All'inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quello che vi sto dicendo).
-Sempre stima e rispetto per chi legge. 

32. Cura puntiliosamente l'ortograffia.
-Lo faccio, ma può capitare anche per l'azione dei correttori automatici. 

33. Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni.
-Con quel nome è facile ignorarle. 

34. Non andare troppo sovente a capo.
Almeno, non quando non serve.
-Quando serve serve. 

35. Non usare mai il plurale majestatis. Siamo convinti che faccia una pessima impressione.
-Non lo faccio mai. 

36. Non confondere la causa con l'effetto: saresti in errore e dunque avresti sbagliato.
-Non confondo la causa che ha generato qualcosa con l'effetto di quel qualcosa. 

37. Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente dalle premesse: se tutti facessero così, allora le premesse conseguirebbero dalle conclusioni.
-Le premesse sono le basi per arrivare alla tesi. 

38. Non indulgere ad arcaismi, hapax legomena o altri lessemi inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti appaiano come altrettante epifanie della differenza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva – ma peggio ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica – eccedano comunque le competenze cognitive del destinatario.
-Niente arcaismi. 

39. Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello che.
-Non prolisso e non scarno. 

40. Una frase compiuta deve avere.
-Sì, deve avere un senso chiaro e compiuto.

In ogni caso può essere piacevole derogare alle suddette norme, senza essere messi sul rogo. 

10 giugno 2024

LA FUGA DELL'ANIMA DA QUEL CORPO

 Quelli che giravano incontrastati erano due. Il terzo li aspettava nella tana, in attesa della fuga. I due si aggiravano, senza eccessiva ansia, come se sapessero di essere totalmente coperti, per le vie del paese, ogni tanto nascondendosi in specifici anfratti, protetti dai sodali e da barbari selvatici.

È, come belve selvatiche, si sono lanciati in un atto di guerra contro un giovane inerme. Giovane che alla ferocia rispose con la faccia pulita, con un volto stanco, sudato per il tanto lavoro quotidiano. Con un: Perché? 
Lo scorrere del sangue portò il freddo in tutto il corpo. 

Qualcuno accorse, premette con una mano sulla ferita più sanguinolenta, per cercare di bloccare la perdita ematica. Legò stretta la coscia, a monte di quella ferita e fece di tutto per scaldargli il petto.

E avvicinò la faccia alla sua faccia cercando di impedire la fuga dell'anima da quel corpo. 
Infine si accorse che da quel corpo l'anima era volata via e, allora, gridó, gridó, con tutte le sue forze, tenendo abbracciato quel corpo. 

8 giugno 2024

IL PROFILO SOPRA LA VALLE DELLA LUNA


 

IL DRAGO E IL SOLE

 


MUCCHE

 In questo periodo elettorale è evidente una forte presenza, invadente incontrastata e fastidiosa, di giorno e di notte, per tutte le vie dei paesi (non definibili borghi) di vacche.
Di Fanfani e sacre. Il comportamento è identico. 

LA FAMA

 La fama rappresenta l'eco durevole di ammirazione o di consenso.
Raggiungere la fama equivale a dire divenire celebre, avere il favore del pubblico, essere noto, popolare, rinomato, di successo.
Una persona è famosa quando è riconosciuta ampiamente dalla società. Essere famoso non significa essere una persona perbene.

Ma, dove abita la Fama?
La Fama abita nel posto più esclusivo che esiste al mondo. Quel posto è il centro del mondo. Ossia al centro di Cielo, Mare e Terra. Sulla linea di confine dei tre regni. Quindi, è appartenente ai tre regni. 
Da quel posto c'è la possibilità di conoscere tutti gli avvenimenti che avvengono su ognuno di essi.
La casa, molto accessoriata, senza porte, con tante piante fiorite, è posta in cima ad un colle per esaltare, durante la salita, l'importanza di chi ci abita. La casa della Fama è sempre aperta, giorno e notte. 
In quella casa, fatta di bronzo per far risuonare ogni voce, non si dorme mai. Lì il silenzio non esiste. Tutto è interessato, non da immenso clamore, ma da sussurri contenuti e continui, simili al rumore delle onde del mare non in vicinanza.

L'atrio della casa è sempre gremito di gente anonima che va e che viene, che mormora parole. Alcune di loro parlano raccontando lunghi e monotoni discorsi verso orecchie ben disposte alla ricezione. Altre orecchie ascoltano solo per riferire, altrove, quello che hanno raccolto dall'ascolto, aggiungendo qualcosa. Con le invenzioni crescenti ogni volta, senza alcun ritegno. 
In quel luogo non è importante il merito di ciò che si dice, l'importante è dire.

Il quella casa si trova: gioia inconsistente, credulità ingenua, errore inventato, timore tendente al panico, sedizione emergente, sussurri di ignota provenienza.
Da quella casa, il suo padrone, vede tutto ciò che succede nei tre mondi e, in genere, comunica a tutti quello che sa. 
Ma, c'è chi ci crede e chi non ci crede a quello che dice.

7 giugno 2024

GIOACCHINO DA FIORE

 Dante Alighieri nella sua opera più famosa, studiata ed ammirata in tutto il mondo, racconta gli aneddoti del suo viaggio nell'aldilà, accompagnato prima da Virgilio e, poi, da Beatrice. 
Dante parla nella sua opera delle anime incontrate nell'inferno, nel purgatorio e nel paradiso. Le anime rappresentano, in genere, le persone più famose dei vari settori della vita, presente e passata.
Dante parla di persone appartenenti ad ogni angolo, allora conosciuto, della terra. Parla spesso di persone toscane, appartenenti alle tre cantiche.

Nel Paradiso, al Canto XII, vv 140-141, parla, con estremo riguardo, di un sapiente filosofo, pensatore, teologo, capace di influenzare il pensiero religioso e culturale del suo tempo e dei tempi successivi. Anche dei giorni nostri. Si tratta di Gioacchino da Fiore. Unico personaggio di origine calabrese menzionato dal sommo poeta.
Il pensiero culturale, ancora attentamente studiato, trova riscontro in numerosissime opere che vanno dalla teologia, alla vita quotidiana, alla pittura e perfino all'urbanistica.
C'è traccia di Gioacchino negli studi sulla "teologia della speranza" così come analizzata dal gesuita Michel  de Certran e dal monaco protestante Jurghen Moltmann sulla base delle concezioni escatologiche di Ernst Bloch.
E' stato in forte contrasto con Agostino laddove costui diceva che "La libertà perfetta nella vita terrena era impossibile".
Gioacchino negata tale affermazione dimostrando l'esistenza della "completa libertà dello spirito nell'ultima fase della storia. Quella dello Spirito Santo, non prevista da Agostino.

Secondo Obama, già presidente degli Stati Uniti d'America,
"Gioacchino da Fiore è:
- maestro della civiltà contemporanea;
- ispiratore di un mondo più giusto;
- ispiratore della necessità di un cambiamento radicale della storia;
- il portabandiera di una società più giusta, pensando all'apertura di una epoca straordinaria in cui lo spirito riuscirà a cambiare il cuore degli uomini".

3 giugno 2024

MORFEO E I SOGNI

 Una buona parte della vita l'uomo la passa a letto; per riposare e per dormire. E' durante la fase del dormire che esso, molto spesso, per quello che può ricordare, va incontro ai sogni.
Gli argomenti dei sogni , dicono gli esperti del settore, sono legati alle esperienze di vita vissuta o auspicata o temuta. Con riferimento al passato prossimo o remoto.

Nella cultura classica tutto aveva una logica; tutto era, anche in questo settore, sotto lo specifico controllo delle divinità preposte.
Giunone, vicina al vertice gerarchico delle divinità, per esempio, non accettava che un suo tempio fosse frequentato dai familiari di un estinto, i quali ignari del destino funesto del congiunto, pregavano e chiedevano alla Dea la salvaguardia della vita di chi la vita non l'aveva più. Per Giunone non era accettabile che le mani contaminate dal lutto, seppur sconosciuto, toccassero il suo altare. 
E, per evitare ciò, si rivolgeva, indirettamente, tramite una messaggera, al divino Sonno chiedendogli di andare in visita al soggetto interessato portando la notizia del decesso con la visione del parente.

Fece così anche con Alcione che, in sogno, vide l'adorato marito Ceice oramai passato nel mondo dei defunti.
Il regno di Sonno è una rustica dimora segreta, priva di luce diurna e notturna. Solo dei sospetti vapori fuoriescono dal suolo, come in una squallida bettola. Lì non ci sono uccelli, non ci sono cani e neppure oche che interagiscono col silenzio di quella terra, perennemente avvolta dalla nebbia. Priva di animali domestici e di fiere. Nessuna voce umana, lì, è stata mai sentita.
Solo le acque del fiume Lete mormorano sommessamente scorrendo sui sassi dell'alveo, nel silenzio delle tante erbe che nelle umide notti rilasciano un sopore che viene diffuso in ogni dove.
Il dio Sonno abita in una casa senza porta. Nessuna persona sta a fargli da guardia. Nel centro della casa si trova un letto posto in alto su quattro piedi di ebano nero. E' un letto scuro, imbottito di piume sul quale il divino resta in attesa di "iniziare" l'attività secondo le volontà dei divini.
Intorno al letto è possibile vedere i numerosi "sogni inconsistenti". Per farsi avanti, in quella casa, è necessario scostare, delicatamente, tutti quei sogni che ingombrano il percorso.

"O Sonno signore della quiete,
il più placido degli dei,
tu che sei pace per il cuore e non conosci affanni,
tu che ristori i corpi stanchi delle loro pesanti applicazioni 
e li restituisci attivi per le nuove fatiche,
ordina ad uno dei sogni che riproducono le immagini del reale di recarsi da Alcione, con il suo sposo in veste di naufrago morto.
Questa è la volontà di Giunone"

E fu così che il "padre dei sogni" disse a Morfeo, uno dei suoi mille figli - forse il più bravo di tutti nella imitazione delle voci e delle forme - di assumere l'aspetto, la voce, indossare le vesti, usare le parole abituali e di portarsi nei sogni di Alcione, nei panni di Ceice, privo di vesti, lacero, livido, cereo come un morto, per far conoscere alla sposa la realtà sul marito.
Morfeo, in sogno, nei panni di Ceice, ha recitato talmente bene, come al solito, la sua parte (Con la voce, col racconto dei fatti, con le lacrime agli occhi) che Alcione scoppiò subito in lacrime, cercando, invano, di stringere, con le braccia tese, il suo amato sposo.

Quante volte, in analoghe situazioni, abbiamo teso le braccia per stringere a noi qualcuno, non sapendo che sotto quelle celate spoglie c'era ... Morfeo. 

DETERMINAZIONE

 - Per raggiungere il traguardo del successo progettato, a monte, bisogna dispiegare studio, impegno, preparazione, lavoro, convincimento.

- Il risultato di vittoria si può raggiungere solo se lo si desidera con ostinata determinazione. E' la determinazione che fa diventare come possibile un qualcosa che appare come impossibile.
La saggezza e la caparbietà sono necessarie per rialzarsi dopo la caduta.

- Nessun traguardo di successo è possibile quando la mente è depressa, turbata.

- Nella vita le sfide le vincono solo coloro che son convinti di farcela, senza alcun dubbio.

- L'opinione positiva di se stessi rappresenta il presupposto indispensabile per il successo di vita. 
I Vincenti vincono sempre perché sono convinti di essere capaci di farlo. Essi sono sempre (O quasi sempre) sorridenti.
Ma, per vincere non basta solo volerlo. Tutti lo vogliono. Per vincere è necessario lavorare, sudare, studiare, soffrire, patire, tribolare, prepararsi con sacrificio alla vittoria. La vittoria è, anche, sforzo fisico e mentale, è sofferenza. Sforzo e sofferenza che trovano appagamento assoluto col raggiungimento del risultato. E tanto più grande è lo sforzo necessario per arrivare in cima tanto più grande è la soddisfazione per il risultato ottenuto. Sorridi, sorridi.
Di contro, l'ipotesi negativa porta solo la prigione, l'isolamento, la fine. 
I perdenti sono quasi sempre con la faccia truce.

NON FERMARTI

 Su, coraggio!
E' tempo di incalzare!
Svelta Ippomene!

Mettici tutte le tue forze!
Non fermarti!
Vincerai!

Io ne sono sicuro.

IL RICORDO

 Il ricordo del mio dolore durerà in eterno.
La tua morte sarà commemorata ogni anno 
e la cerimonia riprodurrà le manifestazioni del mio dolore.
Col tuo sangue che, come il tuo nome, è diventato un fiore.
Fiore rosso come il tramonto sul mare, un anemone al vento.

LA RABBIA DELLO SPARVIERO

 Lo sparviero è un potente e aggressivo rapace, con becco adunco e con artigli uncinati. E' un uccello spietato, dotato di grande potenza.
E' l'aquila dei passeri (Mangia tutti i passeri che si trovano nella sua zona). Ha piumaggio (Il maschio) grigio ardesia nella parte superiore, con guance e parti inferiori rossicce.
Aggressivo con tutti gli uccelli, forse, come dice la mitologia, per far pagare il suo immenso dolore per la morte della figlia a tutti gli altri.

Quello è il dolore di un padre (Dedalione) in continuo pianto per la morte della bellissima figlia, Chione. Ragazza con tanti pretendenti, fin da giovanissima, per la sua splendida bellezza.  
Tra essi c'erano Febo e Mercurio che, a prima vista, si innamorarono, entrambi, della fanciulla, senza farne mistero.
Mercurio, nonostante il diverso consiglio di Apollo, con un artifizio, fece addormentare la ragazza e la fece sua in serata.
Febo, con altro artifizio, godette del piacere sensuale della fanciulla.
Dopo nove mesi Chione, con un parto gemellare diede vita a due figli. Uno per ognuna delle due divinità che l'avevano posseduta.
Antolico, figlio di Mercurio, con le ali ai piedi, era astuto, abile, ladro; come il padre.
Filommane, figlio di Febo, nato con grandi doti canore e con l'estro nel suonare la cetra.
Chione nella sua vita aveva tutto ciò che le serviva per essere felice, però, osato affermare, pubblicamente, ed aveva ragione, di essere molto più bella e piacente della dea Diana. Dea che, a suo parere, si presentava con un aspetto non adeguatamente aggraziato, come il suo.
Diana che non ha gradito proprio per niente tale affermazione ha pensato di vendicarsi facendo perdere la vita a Chione, in modo cruento. 
Da qui il dolore e la disperazione del padre che non smetteva di piangere per la morte della figlia. E, vedendola bruciare sul rogo ha cercato per quattro volte di gettarsi nel fuoco e bruciare anche lui, con lei. Non riuscendo ad attuare tale tragico proposito, anche per intervento divino, corse velocemente fino alla cima del Monte Parnaso e da lì, senza esitare un istante, si è lanciato nel vuoto per soffocare il suo infinito dolore.

Fu lì che Apollo, mosso da compassione, lo sostenne nell'aria e lo trasformò in uno sparviero.