Scilla è una bellissima fanciulla trasformata prima in mostro latrante, dal ventre in giù, e poi in scoglio sullo Stretto, fra Zancle e Reggio (Tra l'Ausonia e la Sicilia, tra Scilla e Cariddi), da Circe, per il non corrisposto amore verso Glauco, che si era rivolto a lei per trovare la magia giusta per convincere la ragazza ad accettare la passione del dio.
Glauco vistosi rifiutato dalla bella Scilla, preso da una passione ardente, decise di rivolgersi a Circe, figlia del dio Sole, per trovare la soluzione magica necessaria per convincere la ragazza amata che non voleva saperne di accettare le sue richieste.
Circe, già innamorata di Glauco, accetta di fare una pozione di erbe, non per far avvicinare Scilla al piacevole dio, ma, al contrario, per farla allontanare.
"O dea, abbi, ti prego, pietà di un altro dio!
Tu sei la sola ad avere il potere di alleviare quest'amore che mi possiede.
La causa del mio delirio amoroso ... ti svelerò ... fu Scilla.
Arrossirei se dovessi riferirti le promesse che le feci, le preghiere e le lusinghe che le rivolsi ... che altro non raccolsero che disprezzo.
Non voglio liberarmi di questa passione, voglio solo che anche Scilla la provi".
Circe, seconda a nessuno per ardori amorosi, adirata per il perdurante trasporto amoroso di Glauco verso Scilla, decise di agire contro la bella fanciulla, anche al fine di avere Glauco tutto per se.
E, in seguito alla contaminazione delle limpide acque di quel piccolo golfo profondo che costituiva il prediletto rifugio, il corpo di Scilla, subito dopo l'immersione, fino al ventre, si è trasformato in tanti mostri latranti.
Glauco scioccato per l'azione messa in atto contro Scilla, da Circe, scappa via dalla dea che, nonostante tutto, bramava di unirsi a lui.
Scilla, seppur trasformata, dal ventre in giù, in orribili mostri ha fatto di tutto per vendicarsi contro i Greci considerati responsabili, coi loro dei, della sua metamorfosi. Ma subito dopo l'attacco contro i compagni di Ulisse le divinità hanno pensato opportuno neutralizzarla trasformandola in uno scoglio aspro e lucente che, ancora oggi, emerge con rabbia e orgoglio sulle acque davanti a Cariddi.
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