Una buona parte della vita l'uomo la passa a letto; per riposare e per dormire. E' durante la fase del dormire che esso, molto spesso, per quello che può ricordare, va incontro ai sogni.
Gli argomenti dei sogni , dicono gli esperti del settore, sono legati alle esperienze di vita vissuta o auspicata o temuta. Con riferimento al passato prossimo o remoto.
Nella cultura classica tutto aveva una logica; tutto era, anche in questo settore, sotto lo specifico controllo delle divinità preposte.
Giunone, vicina al vertice gerarchico delle divinità, per esempio, non accettava che un suo tempio fosse frequentato dai familiari di un estinto, i quali ignari del destino funesto del congiunto, pregavano e chiedevano alla Dea la salvaguardia della vita di chi la vita non l'aveva più. Per Giunone non era accettabile che le mani contaminate dal lutto, seppur sconosciuto, toccassero il suo altare.
E, per evitare ciò, si rivolgeva, indirettamente, tramite una messaggera, al divino Sonno chiedendogli di andare in visita al soggetto interessato portando la notizia del decesso con la visione del parente.
Fece così anche con Alcione che, in sogno, vide l'adorato marito Ceice oramai passato nel mondo dei defunti.
Il regno di Sonno è una rustica dimora segreta, priva di luce diurna e notturna. Solo dei sospetti vapori fuoriescono dal suolo, come in una squallida bettola. Lì non ci sono uccelli, non ci sono cani e neppure oche che interagiscono col silenzio di quella terra, perennemente avvolta dalla nebbia. Priva di animali domestici e di fiere. Nessuna voce umana, lì, è stata mai sentita.
Solo le acque del fiume Lete mormorano sommessamente scorrendo sui sassi dell'alveo, nel silenzio delle tante erbe che nelle umide notti rilasciano un sopore che viene diffuso in ogni dove.
Il dio Sonno abita in una casa senza porta. Nessuna persona sta a fargli da guardia. Nel centro della casa si trova un letto posto in alto su quattro piedi di ebano nero. E' un letto scuro, imbottito di piume sul quale il divino resta in attesa di "iniziare" l'attività secondo le volontà dei divini.
Intorno al letto è possibile vedere i numerosi "sogni inconsistenti". Per farsi avanti, in quella casa, è necessario scostare, delicatamente, tutti quei sogni che ingombrano il percorso.
"O Sonno signore della quiete,
il più placido degli dei,
tu che sei pace per il cuore e non conosci affanni,
tu che ristori i corpi stanchi delle loro pesanti applicazioni
e li restituisci attivi per le nuove fatiche,
ordina ad uno dei sogni che riproducono le immagini del reale di recarsi da Alcione, con il suo sposo in veste di naufrago morto.
Questa è la volontà di Giunone"
E fu così che il "padre dei sogni" disse a Morfeo, uno dei suoi mille figli - forse il più bravo di tutti nella imitazione delle voci e delle forme - di assumere l'aspetto, la voce, indossare le vesti, usare le parole abituali e di portarsi nei sogni di Alcione, nei panni di Ceice, privo di vesti, lacero, livido, cereo come un morto, per far conoscere alla sposa la realtà sul marito.
Morfeo, in sogno, nei panni di Ceice, ha recitato talmente bene, come al solito, la sua parte (Con la voce, col racconto dei fatti, con le lacrime agli occhi) che Alcione scoppiò subito in lacrime, cercando, invano, di stringere, con le braccia tese, il suo amato sposo.
Quante volte, in analoghe situazioni, abbiamo teso le braccia per stringere a noi qualcuno, non sapendo che sotto quelle celate spoglie c'era ... Morfeo.
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