-Ciao Carmine, come stai?
-Ti dico che sto bene, anche se non sto proprio bene. Anzi, ti dico che sto molto bene. Sì, tenendo conto dei vari fattori che caratterizzano la vita, posso dire che sto benissimo. Anche se non sto bene.
Ho i miei anni (Per fortuna sono tanti) e i miei acciacchi di salute (E sono tanti e seri). Ho bisogno di periodiche trasfusioni, con tante visite mediche, tante preoccupazioni, tante sofferenze per me e, ancor di più, per i miei familiari. Per mia Moglie, che, poverina, nonostante la sua età e i suoi impedimenti, mi sta vicino, mi accudisce, mi tiene compagnia, e per i miei Figli, costretti a varie tribolazioni per me.
Sono lucido e assennato e voglio dirti che ... sono alla fine. Ma questa è la vita. Niente di straordinario. E' così, alla fine, si nasce, si vive (Più o meno a lungo. Io ho avuto la fortuna di vivere a lungo, ma penso a tanti cari che non hanno potuto fare il giusto completo percorso), si muore. Sono in attesa di questo evento, normale, naturale, per portare pace e conclusione alla mia esistenza e per allontanare la sofferenza che questo mio stato porta dai miei cari.
Si, la vita è fatta di vita e di fine vita.
Si nasce (Non di propria volontà), si cresce (In funzione di una serie di fattori esterni alla propria persona), si matura (In funzione degli ideali che sono rimasti custoditi nella propria anima), si vive (Immaginando di poterlo fare in eterno. Senza rendersi conto che la fine dei giorni terreni, per chiunque, può arrivare in qualsiasi momento. In tarda età, ma anche da giovani).
E si vive senza prestare la dovuta attenzione alle cose importanti della Vita. Senza saper riconoscere l'esigenza di una continua rimodulazione del modus vivendi adottato, magari, a trentanove anni. Solo poi, dopo il fine vita, oppure quando non è più facile o possibile provvedere ad una decisa virata, vengono a galla le tante cose fatte e non fatte che avrebbero potuto essere gestite diversamente.
E, in quel momento, resta in bocca l'agro sapore dei rimpianti.
-La maschera tribale. In quel momento si butterà nel vento la maschera di pelle tribale, con la quale si è vissuto, mostrando un aspetto amabile che, magari, tanto amabile non lo era. Era la maschera tribale che la società, in cui si è vissuto, ha imposto una modalità di comodo, di sopravvivenza. Una specie di falso water-front. Si mostra una faccia che, in effetti, non è quella reale.
-Il troppo lavoro. Solo dopo, molto dopo, l'uomo si rende conto veramente di aver lavorato troppo e duramente, senza reale e giustificato motivo. Tutto ciò trova fondamento nella falsa convinzione (Imposta dalla società) della necessità di competere contro tutti (Donne contro uomini; uomini contro uomini; donne contro donne. E, forse in futuro, umani contro robot) al fine di arrivare primi; di ottenere un ottimo risultato (Sociale ed economico).
L'umano ha bisogno di dividere la giornata di tre parti, ognuna costituita da 8 (Otto) ore. Con un impegno lavorativo non superiore a 5 giorni alla settimana. Dedicando ognuna delle suddette parti ad una specifica attività: 1) Lavoro (Otto ore al giorno); 2) Riposo (Otto ore al giorno); 3) Vita (Otto ore al giorno).
Nessuna delle suddette attività deve poter rubare spazio vitale alle altre due. Pena un degrado complessivo del vissuto.
Spesso si tende, invece, a far sì che una attività abbia il sopravvento sulle altre.
Ad accentuare la crescita della suddetta miopia comportamentale, spesso contribuisce l'accentuato compiacimento di sé, che, seppur fondato su sacrosanti meriti effettivi, porta, o può portare, ad una smodata ambizione. L'essere considerato il vero e unico pilastro portante di una struttura lavorativa aiuta a vedere l'immagine deformata della vita. Così come le società per essere veramente democratiche non hanno bisogno di avere degli eroi, ma hanno bisogno di Cittadini pervasi da Ideali e Comportamenti consoni coi principi di Libertà, Uguaglianza, Fraternità, Democrazia, anche le strutture lavorative, per il buon funzionamento, devono basarsi sul giusto lavoro di tutti e non di pochi. O, peggio ancora, di uno solo (Pilastro portante). Se la struttura si trova in quelle condizioni allora vuol dire che qualcuno non ha fatto il proprio dovere. E che qualcun altro, per non farla crollare, si è posto sulle spalle anche il peso di coloro che non hanno fatto il proprio lavoro. Ma questo meccanismo è giusto? Poveretti quei popoli che hanno bisogno di eroi.
Il tutto trascurando se stessi, i legami, i sentimenti, le relazioni con gli altri (Familiari, Amori, Amici, Conoscenti).
-Il tempo passato. Alla fine di una vita, più o meno intensa, si è portati a fare un ripasso del tempo passato, con profonde riflessioni sul poco tempo dedicato alle persone amate. Alle persone che hanno dedicato tante attenzioni (In nessun caso atti dovuti), senza ricevere in cambio un adeguato romantico sincero interesse. Forse perché sono le persone che sono sempre lì, a disposizione, senza nulla chiedere esplicitamente in cambio. Sono coloro che hanno sempre ascoltato tutti i discorsi, fatti e non fatti, alcune volte in silenzio, altre volte protestando, altre volte urlando. Ma loro erano sempre lì. Senza che nessuno badasse a loro.
-La felicità. Alla fine della vita il pensiero non può non andare vero tutti quei momenti in cui la felicità è stata negata, oppure non è stata stimolata. Quanti momenti sono stati vissuti nel vuoto mentre avrebbero potuto essere vissuti pieni di felicità!
Sono state tutte quelle volte che l'umano ha dimenticato di poter essere un Poeta accettando, passivamente, di essere un comune umano, mortale. Ed anche per tutte quelle volte che esso ha rinunciato ad essere un bambino.
Nessun commento:
Posta un commento