La storia, la letteratura, la vita ci insegnano che il comportamento dei vincitori quasi mai è rispettoso della dignità dei vinti, specialmente quando a monte c'è stata una battaglia cruenta.
Penso ad Achille col povero Ettore ed a tutti coloro che da vinti sono stati costretti a sopportare ogni genere di sorpruso.
La famosa frase è attribuita a Brenno, re dei Galli, che dopo l'episodio delle oche del Campidoglio, pur respinto, promise di andarsene da Roma solo dietro compenso di 1000 libbre d'oro. Non essendo uomo di parola ha cercato di manomettere la bilancia, ma vistosi scoperto e davanti alle proteste dei Romani ha gettato sul piatto dei pesi la sua spada gridando "Vae victis".
In questo caso la reazione non si fece attendere e con Marco Furio Camillo un'altra spada cadde nel piatto con l'oro, al grido "Non con l'oro, ma con il ferro si riscatta la patria". Fu quello il segno della riscossa e dell'orgoglio che permise la riconquista della libertà e della dignità dei Romani, seppure a prezzo della quasi totale distruzione.
La storia è scritta dai vincitori che, nella quasi totalità, hanno fatto il bello ed il cattivo tempo, ma in molti casi emerge con determinazione l'orgoglio dei vinti. E la mente vola al contrasto fra il comportamento di Ettore (Sospende le azioni belliche coi Greci per consentire una degna sepoltura a Patroclo) e quello di Achille (Subito dopo il duello rifiuta di consegnare il corpo di Ettore, al fine di offendere la memoria dell'avversario).
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