Siam fatti anche noi della sostanza di cui sono fatti i sogni e nello spazio di un sonno è racchiusa la nostra breve vita.(Shakespeare/Bacone)

E' l'ambiente in cui veniamo cresciuti a determinare le nostre inclinazioni e le nostre aspirazioni.

8 ottobre 2024

LA LEGGE E' UGUALE PER TUTTI

 In tutte le aule dei Tribunali d'Italia, in alto su una parete, campeggia, in modo perentorio e solenne la scritta, a caratteri cubitali
                        "la legge è uguale per tutti".
Con il termine legge coincidente col termine Giustizia. 
Col significato che l'applicazione delle leggi dello Stato porta a dei pronunciamenti (Sentenze) della magistratura, che, a parità di condizioni oggettive, sono uguali per tutti i Cittadini. Indipendentemente dalle loro caratteristiche personali quali: Colore della pelle, Sesso, Lingua, Razza, Opinione politica, Religione, Vicinanza al Potere, Censo.  
In sintesi, nessuna discriminazione è ammessa al suddetto principio generale ideale.
La frase storica sopra riportata è fatta risalire a George Orwell, il quale ci teneva a precisare che "per alcuni è più uguale degli altri". 
La Costituzione della Repubblica Italiana (CRI), all'art. 3, stabilisce, in modo inequivoco, che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge.
La Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo (DUDU) all'art.7 precisa, in modo netto, tale diritto di uguaglianza davanti alla legge, Concetto di uguaglianza formale e sostanziale ripreso dalla Rivoluzione Francese (1789. Liberté - Egalité - Fraternité). 
La vita porta con se, per tutti gli esseri umani, libertà ed uguaglianza in dignità e diritti.

Le legge in uno stato ha Valore Giuridico Assoluto. E la legge, nello stesso stato, deve essere applicata, in ossequio alla volontà del legislatore, allo stesso modo per tutti i cittadini.
Non sempre ciò succede nella realtà. E non sempre i Cittadini sono convinti che la frase solenne sia applicata come solennemente annunciato.

Senza entrare nel merito giuridico, anche per la non conoscenza dei dati, col supporto dei soli dati oggettivi, riportati dai vari organi di stampa a tiratura nazionale e locale si riportano due casi eclatanti che toccano la suddetta dichiarazione solenne. Fatti:
1. Macellaio di Reggio Calabria. Nel maggio 2024, in località Oliveto di Reggio Calabria, due persone travisate si sono introdotte nell'abitazione di un signore per un tentativo di furto. Il proprietario della casa trovatosi davanti ai suddetti ladri e vistosi aggredito ha reagito uccidendo, con un coltello da cucina uno dei due malviventi.
Il delitto è avvenuto dentro la casa del proprietario. il morto è uno dei due ladri che si erano introdotti in casa (Altri due stavano fuori a fare il palo). Il proprietario della casa, per ordine della magistratura locale, è stato subito arrestato (In carcere) per eccesso di legittima difesa. Invano, fino a poco tempo fa, i legali del proprietario della casa hanno cercato di sostenere la tesi della legittima difesa. Sui social locali e altrove molti hanno sostenuto, invano, che la difesa della propria famiglia e della propria abitazione è sempre legittima. E che un altro proprietario meno robusto di quello reale quasi certamente avrebbe fatto lui una brutta fine per la sicura violenta reazione dei ladri, che non potevano rischiare di essere, eventualmente, individuati dalle forze dell'ordine.
Tale proprietario fino a qualche giorno fa è stato custodito in carcere. Gli arresti domiciliari sono arrivati il seguito ad un altro fatto di cronaca. Quello della Signora di Viareggio.
2. Signora di Viareggio. La Signora, imprenditrice balneare, 65 anni, nel settembre scorso,  mentre si trovava per strada, nella sua città, si è vista rubare una borsa che portava con se. Il ladro le ha strappato la borsa ed è scappato via. La Signora con rara prontezza d'animo ha acceso l'auto e si data ad inseguire, con comprensibile rabbia, il ladro. Raggiuntolo lo ha investito, con l'auto, e dopo che il ladro è caduto per terra ha fatto retromarcia, volontariamente o involontariamente, passando con le ruote dell'auto sopra il corpo del ladro. La signora dopo aver recuperato da terra la sua borsa  rubata ha confermato gli eventi secondo le evidenze dei fatti riprodotti dalle telecamere esistenti nella zona. La magistratura locale letti gli atti ha emesso un provvedimento col quale sono stati assegnati gli arresti domiciliari della Signora, in attesa del processo.

Pur senza voler, assolutamente, entrare nel merito tecnico-giuridico, in entrambi i casi, sopra sinteticamente descritti, sembra di vedere una diversa interpretazione del concetto di legittima difesa. Ammesso per ipotesi che il secondo caso (Viareggio) possa essere classificato tale.
Però, il richiamo al principio generale, in epigrafe riportato, ha  fatto si che anche per il proprietario di Reggio Calabria fossero applicati, in analogia, gli arresti domiciliari.
Ma, il Cittadino mio lettore, pur senza entrare nel merito dei terribili fatti di cronaca, si trova più vicino alla Signora di Viareggio o più vicino al Signore di Reggio Calabria?
Quanti, trovandosi in quelle condizioni, avrebbero reagito come la Signora e quanti come il Signore? 

LA CONOSCENZA

 L'uomo nella vita dovrebbe essere "fornito" di una solida struttura di base nel campo del sapere.
E dovrebbe essere depositario di adeguata competenza nel proprio campo e nei campi di cui parla.
E per far ciò esso dovrebbe essere depositario di adeguate capacità nel settore relazionale; nel rapporto con gli altri esseri umani.  Cercando di essere e di essere considerato come sicuro, affidabile, capace, solido.
La conoscenza dev'essere acquisita e mostrata come affascinante e capace di attrarre tutta l'umanità. Evitando di cadere nel condizionamento e nel plagio. Deve essere vista come un atto di amore e di gioia.
La conoscenza, il sapere, è presupposto essenziale per l'acquisizione di quelle caratteristiche di base per coloro che ambiscono a diventare leader di un qualsiasi gruppo.
Il sapere porta in se il riconoscimento del non sapere per una infinità di cose e porta l'uomo alla necessità di riflettere su ogni cosa e al dialogo silenzioso con se stesso. Con l'uomo che si trova a lottare, impegnando tutte le sue forze intellettuali, contro tutti gli elementi della natura che attraversano la sua via.

La vita per essere adeguatamente vissuta ha bisogno di avere un futuro narrativo che, per esserci, ha bisogno di conoscenza, di sapere. In ogni settore.
La conoscenza deve essere, il più possibile, poliglotta, con particolare attenzione ai due settori più importanti. Quello giuridico e quello sanitario.
Il settore giuridico, seppure arido, povero, si occupa delle anomalie, delle patologie della società e non è come altri, tipo quello filosofico, che si interessano della conoscenza dell'umanità nell'ambito universale.
La mancata conoscenza delle leggi può portare al mancato riconoscimento di diritti e quanto altro. Al contrario, la conoscenza porta, costituisce, potere e, anche, eventuali prevaricazioni su altri.
Il settore sanitario può essere usato in funzione benefica, ma anche in quella distruttiva. Un ruolo importante è detenuto dalla conoscenza dei segreti della psiche, al fine di guidare e prevedere i comportamenti umani.
Il potere politico, nel passato, ha fatto molto uso dell'antropologia.

CONTINUITA' GENIALE INVISIBILE

 Il sapere trova supporto nello studio approfondito dello "stato di fatto", dello stato della conoscenza acquisita sul determinato argomento.
Da tale ipotesi si parte con razionalità o con lampi di genio per gli sviluppi futuri.
In tutti i casi, in ogni campo, 
tutte le idee assomigliano, più o meno, ad altra idea di partenza. Sempre.
Nessun problema, quindi, se gli studiosi passano tanto tempo nello studio di idee geniali dei loro ispiratori.
Ciò non vuol dire copiare. Vuol dire cercare e, magari, mantenere quella continuità scientifica invisibile che, prima o poi, porterà qualcuno al successo della conoscenza.

ANDROMACA

 Tutti conoscono la relazione amorosa fra Elena e Paride (Scintilla, o scusa, che ha portato alla lunga guerra fra greci e troiani, con la sconfitta di quest'ultimi), ma pochi, forse, conoscono il tipo di relazione che c'era fra Andromaca ed Ettore.
Elena, donna bellissima, non soddisfatta del rapporto coniugale con Menelao, fratello del bellicoso Agamennone, per passione travolgente ha abbandonato il marito e la famiglia per seguire Paride (La dea Afrodite gli aveva promesso in dono la donna più bella del mondo), figlio di Priamo. Alla morte di Paride Elena ha sposato il fratello Deifobo che poi ha consegnato ai greci riconciliandosi coi greci e con il marito Menelao.
Andromaca, invece, rappresenta il classico ideale greco basato su un felice matrimonio d'amore, con reciproca fedeltà con Ettore. Per tale atteggiamento, per la sua sincerità e bontà d'animo essa era molto stimata dai troiani. Essa era sempre impegnata a cercare, con Ettore, soluzioni reali ai problemi propri e della corte. 
Il suo amore verso Ettore non ammetteva distrazioni di sorta. 
Il suo concetto d'amore è rappresentato dalla seguente dichiarazione:
         "Ti amo come si ama un padre, un fratello, un marito".

NON OLTRE UN RAGIONEVOLE LIMITE

 Sui giornali di tutto il mondo, in questo periodo, si parla, insistentemente, di vendetta. 
Quando e fino a dove è ragionevole spingersi nell'ipotesi di accettazione di tale ipotesi. Sia per i contrasti fra persone, sia nei contrasti fra stati.

Se è accettabile ammettere il diritto della vendetta non è, umanamente, accettabile il superamento di un ragionevole limite di quel presunto diritto.
E il limite di quel diritto se non è ragionevolmente "codificato" - e non potrà mai esserlo per ovvie ragioni; per lo stesso principio in esso implicito - allora è il buon senso degli uomini giusti che dovrebbe guidare e posizionare una barriera insormontabile, da parte di chiunque. E' la barriera del "non plus ultra".

Sì, perché la vendetta, inevitabilmente, finisce per portare con se e travolgere, inesorabilmente, vittime innocenti.
Bisogna , assolutamente, evitare che diventi irrilevante l'innocenza delle vittime coinvolte, per colui che ha subito dolore e cerca vendetta. L'innocenza delle vittime eventuali deve essere considerata come di enorme importanza da chi cerca vendetta.

La sete di vendetta, per esempio, ha fatto si che Medea considerasse come di nessuna importanza l'assoluta innocenza dei suoi bambini, nel suo piano di vendetta contro suo marito Giasone (Invaghitosi di altra donna. Con rimando al libretto teatrale  Medea di Giuseppe Romeo).
Ma, come prevedono anche i dettami biblici, le colpe dei padri non debbono cadere sui figli (Fino alla settima generazione?).

GRATITUDINE

 La gratitudine è una dote scarsamente conosciuta dal genere umano.
Il destinatario dopo le prime benevolenze si convince che quello che riceve spontaneamente non sia un dono, come realmente è, ma un qualcosa di "dovuto" dal suo benefattore. E, in quanto tale, lontano da qualsiasi ipotetico riconoscimento; anche solo morale.

Nella vita ci sono due diverse tipologie di benefattori: quelli evangelici e quelli umani.

I benefattori evangelici sono coloro che aiutano il prossimo e subito dopo scompaiono, senza aspettarsi alcun riconoscimento da parte del beneficiario. Il loro riconoscimento lo avranno direttamente da Dio.

I benefattori umani (E' a questa categoria che mi pregio di appartenere) sanno di non possedere la virtù dell'evaporazione dopo aver fatto del bene, sanno che, in quanto umani, deboli e anche un po' vanitosi, amano osservare la faccia, lo sguardo sereno, gioioso, dolce, del proprio amico per il quale si sono spesi, genuinamente, senza alcun interesse.
Sì, i pensieri sono belli ma la realtà erode una fantastica poesia e conferma quanto sopra affermato: la gratitudine non è una dote del genere umano. 

IL DENARO

 Da sempre il potere è strettamente legato al denaro. L'assenza di denaro ha costituito e costituisce un forte impedimento all'acquisizione del potere fine a se stesso.
Esso ha un ruolo essenziale  nelle relazioni fra le persone.
Il potere con molto denaro può essere raggiunto con modalità più o meno semplici. E' anche vero che la condizione è necessaria, ma non sufficiente. Ossia, il possesso del denaro non rappresenta, automaticamente, l'acquisizione del potere.

Qualsiasi passo sulla scala del potere è subordinato ad esborsi, presenti o futuri, di denaro o di favori (Equivalenti a denaro). E, tanto più grande è la disponibilità di denaro tanto più è grande la popolarità e il potere del possessore. Possessore che, in quanto tale, si sente - e tende - ad andare anche sopra la legge. Tendenza che viene trascurata, per ovvi motivi di auspicato profitto futuro, dai rappresentanti della legge e tollerata, se non compiaciuta, dal popolo povero. Forse perché  esso popolo si vede trasposto nel possessore o vuole pensare di poterlo essere in futuro. E, quindi, nelle condizioni di fare come il ricco che viene osannato, per il dio denaro.

L'uomo di Protagora: "l'uomo è il metro della realtà o della irrealtà delle cose", del loro modo di essere e del loro significato.
Nella società in cui viviamo il denaro ha preso il posto dell'uomo nella misura delle cose. Tutte le cose che siano reali e delle cose che siano irreali.

Chi spende per acquisire potere lo fa senza sapere quanto spende. Sono altre persone che seguono le sue spese. Persone sempre tenute a non renderle note. Mai.
Chi mira al potere ostenta il denaro in modalità banale, inessenziale, pur sapendo del suo valore intrinseco. Il denaro per costoro non è importante in quanto materializzazione, ma lo è in quanto manifestazione sociale immediatamente riconducibile al soggetto in esame da tutti gli altri. Amici e nemici.
Riconoscimento dei terzi che porta in se il concetto dell'essere, sempre, padrone e non servo della propria enorme ricchezza.
Ed essi (I ricchi), per scaricarsi la coscienza, si convincono e affermano, senza alcun pudore, di essere pervenuti a quella ricchezza grazie alle loro capacità  imprenditoriali e - per maggior conto - per volontà del Padre Eterno che ha ipotizzato la realizzazione di grandi progetti sotto la loro direzione. 
E, in quanto tali, degni di stima, di rispetto sociale e, anche, religioso. Il denaro, senza alcun dubbio apre tutte le porte; anche quelle del paradiso. Vista la loro presunta funzione di delega divina.

E in tutta questa illusione la gente gongola, abbocca e fa festa col festeggiato come un tacchino il giorno del ringraziamento, in USA.
Con la conclusiva medicina distribuita, senza limitazioni di sorta; col bugiardino che, in piccolo, informa che il "denaro non è tutto nella vita" essendo, esso, portatore di gioie e grandi dolori.

7 ottobre 2024

LA VITA E IL TEMPO

 La vita non è altro che il percorso di quei momenti meravigliosi che si vivono senza respiro.
Essa funziona bene solo se c'è qualcuno che ci ama e che noi amiamo.
Tutto il resto è noia.

La vita è strettamente legata al tempo. Tempo lento nell'attesa, veloce nella gioia, eterno nell'amore.

4 ottobre 2024

CITTADINO DEL MONDO

 Sono, e mi considero, Cittadino del Mondo.
Sono, e mi sento, libero da qualsiasi condizionamento, parzialità, partigianeria, provincialismo.
"Il mio regno è grande come il mondo", diceva A. Dumas. Ed esso, quindi, non poteva essere limitato da monti, da fiumi, da mari, da linguaggi, da usi e da costumi.

IL PATTO COL DIAVOLO

 E' il classico accordo di scambio mediante il quale l'uomo cede al diavolo la propria anima in cambio di vantaggi (Denaro, potere).
Quello tra Faust e Mefistofele (J. W. von Goethe) è quello più famoso, in ambito letterario.

In genere, questi patti non vengono quasi mai rispettati. Il diavolo quasi sempre beffa l'uomo, ma, qualche volta uno scaltro contadino è riuscito a mettere nel sacco il diabolico tentatore.
La Letteratura ha cantato e raccontato, magistralmente, questi casi.
"Il ritratto di Dorian Grey" di O. Wilde parla della cessione al diavolo dell'anima del protagonista in cambio dell'eterna giovinezza.

E' un patto col diavolo anche quello che certe persone stringono con soggetti che sono moralmente opposti ai loro stessi principi sostenuti, con forza, al solo fine di trarre determinati vantaggi.
Alla fin fine un patto del genere non è altro che la presunzione dell'uomo che si propone come lottatore, impavido, contro il mondo intero.

REAZIONE ALL'ASSENZA

Presenza. La presenza efficace di persone o cose in seguito ad azioni di contrasto ai diritti inviolabili dell'uomo porta in se un appagamento interiore, uno stato di tranquillità.

Assenza. Diversa è la situazione quando detta presenza non c'è. Quando ad imperare è l'assenza, per esempio, dello Stato. Stato incapace di proteggere i suoi Cittadini dalle ingiustizie. Stato, in ogni caso, sempre presente quando si tratta di tassare o di nuocere al Cittadino.
In questo caso il Cittadino è spinto a stringere compromessi con chiunque. E' portato a patteggiare e magari anche aiutare anche le persone malavitose. E lo fa non con spirito evangelico che presuppone la speranza nella redenzione del soggetto interessato dal male verso il bene. No, lo fa con la condizione di ricevere rispetto per se stesso e per i propri cari.
Il cittadino, in questa condizione, smette di occuparsi, o preoccuparsi, del prossimo, della società in cui è inserito. Non è, in alcun modo, interessato alla crescita culturale ed economica della comunità. Verso la società è diventato neutrale, asettico, assente, privo d'interesse.
L'eventuale azione d'aiuto verso terzi, per esso, non è filantropismo, ma reca in se, esclusivamente, uno specifico interesse personale, più o meno recondito.
E' il "secondo fine" che porta, in nuce, la peste nella società.

ONESTI E DISONESTI

 Nelle società con alti valori morali è altissima la considerazione nei riguardi delle persone Oneste. 
E, di contro, è scarsa la stima nei confronti delle persone disoneste.
Nella società in cui viviamo, specialmente in quest'ultimo secolo, è stata creata, ad arte, a mio parere, una certa confusione intorno alla zona di demarcazione fra le due suddette tipologie. Con un conseguente vantaggio etico e civico a favore delle persone cattive e con svantaggio in danno alle persone per bene. 
Ciò ha comportato, paradossalmente, che 
                   i disonesti sono premiati col successo
                       e gli onesti puniti con la miseria.
E questo non è un banale sfogo di natura vittimistica; è la semplice constatazione del reale stato delle cose. E' la realtà imperante.
La Fortuna (Provvidenza) sta nell'essere, e nel voler continuare ad essere, onesti; ed essere, eventualmente, premiati o riconosciuti come tali. 
La Fortuna è come la Giustizia di Dio, alla quale l'uomo si rifugia, in assenza di quella di Stato. Spesso essa ci appare come dormiente, ma viene sempre il momento del risveglio. E quando Dio si ricorda fornisce una congrua dimostrazione: ricompensare i buoni e punire i cattivi. 
Questo è il desiderio di molti che sperano e credono nella riedificazione di un mondo eticamente migliore.

1 ottobre 2024

PUNTI DI VISTA

 Chi subisce un grave atto si trova davanti a due opposte opzioni:
a) - Perdono. Porgere l'altra guancia;
b) - Vendetta. Cercare di restituire sofferenza a chi l'ha procurata.

- La via del perdono è di tipo moralistico, "semplicistico, buonistico" ed è conforme al pensiero evangelico cristiano. E' un pensiero che prescrive il perdono senza alcuna eccezione e proibisce la vendetta (Mai come Medea).
In questo caso è rigettata, totalmente, la violenza di reazione considerata come una catena senza fine che non porta alcun bene.

- La seconda via è quella che pensa alla vendetta, modulata secondo le specifiche possibilità, non come un crimine, non come un peccato. 
Essa è vista come un riscatto dell'uomo umiliato e offeso che è portato da uno stato di infelicità, dolore e sofferenza ad uno stato di appagamento, se non di gioia amara. E' una transizione che porta in se il dovuto risarcimento per il dolore subito.
La mancanza della Giustizia di Stato, senza alcun dubbio, è portatrice di ulteriore ingiustizia. Con passaggio da uno Stato di diritto ad uno stato di barbarie. In questi casi la posizione del Cittadino terzo, espressa o tacitamente espressa, non può che essere dalla parte di colui che è stato colpito dal dolore.
In questi casi, se ci sono le condizioni (E se riesce a costruirle e gestirle) qualcuno, dal fondo dell'inferno, in cui i nemici l'avevano gettato, si può rialzare, con incredibile energia e vigore, al fine di dominare o distruggere tutti coloro che gli hanno portato dolore.
La vendetta (Piatto che va servito sempre freddo), specialmente in considerazione della totale assenza dello Stato, acquisisce la caratteristica di legittimazione che in un paese democratico e giusto non avrebbe alcun titolo di esistere.
Ma per portare a compimento una tale azione il sofferente ha bisogno di avere dalla sua parte: Fortuna, Potere, Denaro, Conoscenza e Benevolenza. 
Ma avere dalla propria parte tali elementi non è cosa semplice e facile. La loro assenza suggerisce adeguata prudenza.
La Fortuna (Provvidenza) serve per eliminare gli aspetti negativi e l'ipotesi di suicidio che interessa, quasi sempre, chi è colpito nel profondo del cuore. Suicidio che può essere fisico o/e morale che comporta uno stato di torpore, una voglia di lasciarsi andare e di abbandonarsi a se stesso.
La decisione della via della vendetta mette da parte, si sostituisce all'idea del suicidio, dell'eutanasia. Inoltre, la via del suicidio comporta, sempre, un ulteriore successo della barbarie. E' meglio vivere e lottare contro coloro che hanno portato sofferenza, anche per lo scopo di riconquistare la felicità persa.
E in questa azione di lotta chi ha subito la sofferenza deve cercare di capire chi è stato amico e chi è stato nemico. Senza confusione di ruoli.

30 settembre 2024

FALSA TRADIZIONE

 Sono stanco e asfissiato da quella falsa e becera tradizione bacchettona che oscura il futuro e non guarda oggettivamente al passato, remoto o prossimo.
Intanto una colonizzazione strisciante, neppure tanto recondita, cresce, camuffata dai sorrisini babbei e sinistri, dei ladri di polli per il solito beneficio (Soliti 30 denari). 

20 settembre 2024

NON PLUS ULTRA

 Non plus ultra. Non più oltre.
La società, la vita, spesso, pone all'uomo dei condizionamenti, dei limiti. Limiti insuperabili, o insuperati, o da non superare. Possono essere limiti di natura, oppure limiti umani.
I limiti di natura sono legati alla conoscenza, alla scienza, alla tecnologia. Molte delle cose che, banalmente, facciamo oggi erano, assolutamente, sconosciute nel secolo scorso.
I limiti umani sono dovuti ad obblighi derivanti dalle scelte sociali.
In entrambi i casi si discute sulle cose che si possono o non si possono fare nella vita.

Per la antica Civiltà del Mediterraneo, per esempio, i naviganti potevano vagare da nord a sud e da est a ovest, ma non dovevano, mai, oltrepassare le famose Colonne d'Ercole (Stretto di Gibilterra. Separazione tra l'Europa continentale e l'Africa occidentale), oltre le quali nulla si conosceva e nulla si doveva indagare. Per il quieto vivere delle divinità, allora rispettate. Nessuno doveva andare oltre quel limite se voleva conservare la vita.
Dante, nella sua Divina Commedia, nella sezione dedicata all'Inferno, al canto VIII, ove sono posti i Consiglieri fraudolenti, descrive magistralmente il concetto del "non plus ultra" la dove incontra e parla con un famoso personaggio dell'antica Grecia, un mito: Ulisse.
Mosso da un immenso desiderio di conoscenza, Ulisse, dopo l'esperienza con la bella e diabolica Circe (Qualcuno sostiene che la decisione avvenne dopo il ritorno ad Itaca. Ma su questo punto incerto e contraddittorio, per una serie di argomentazioni, non ha senso indagare), decide di intraprendere il suo ultimo viaggio, oltre le Colonne d'Ercole (Eracle).
Ulisse, mosso dal desiderio di conoscere cosa si trovava oltre quel limite, dopo aver scartato l'ipotesi della fine della terra, ha deciso di andare e guardare oltre. E si spinge oltre il limite allora assegnato e conosciuto, e quindi definito come invalicabile.
La sua forza interiore era dovuta allo sfrenato desiderio di virtude e canoscenza
                              Guarda oltre, guarda oltre uomo.
                   Non ti fermare davanti alle difficoltà. Vai avanti.
Uomo coraggioso, astuto, avventuroso, furbo, intelligente si lancia verso la ricerca della conoscenza di tutti quei luoghi ancora ignoti all'uomo.
"Fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtude e canoscenza".


PISA - REPUBBLICA MARINARA

 Nel passato remoto (Sec. XI), quando i trasporti principali avvenivano via mare, il Mediterraneo, l'Italia (Realtà politica priva di significato) contava ben quattro località costiere, sedi di altrettante note città, costituite in repubbliche autonome, che avevano acquisito un elevato potere economico e marinaresco. 
Tre di queste repubbliche (Genova, Pisa, Amalfi) operavano e controllavano il loro Mar Tirreno e tanti altri porti del Mediterraneo. La quarta (Venezia) navigava e controllava il Mare Adriatico, con egemonia navale verso Est, a protezione della Via della Seta (Percorso che dalla Cina portava al Mediterraneo e da lì in Europa, Africa) e della Via dell'Incenso (Antica rotta che portava le spezie dall'Arabia (Mecca e Medina) e dall'Africa orientale verso il Mediterraneo). 
La Via dell'Incenso ha fatto nascere la leggenda che il fiume Nilo nascesse dal Paradiso Terrestre, per via del fatto che le spezie che cadevano naturalmente sulle sue acque lo rendevano profumato. Profumo che diventava sempre più intenso man mano che ci si avvicinava alla sorgente.

Queste città, veri e propri piccoli stati, con ordinamento repubblicano, avevano acquisito un vasto bagaglio di conoscenze nel settore navale. Ciò ha permesso loro di commerciare con i numerosi popoli affacciati sul Mediterraneo e su altri popoli delle aree interne.
Spesso le stesse città marinare si lottavano tra di loro (Genova e Pisa, nonostante le loro continue liti insieme lottarono per cacciare i musulmani dalla Sardegna e dalla Corsica. Insieme lottarono per la conquista e il conseguente saccheggio delle più ricche città portuali dell'Africa mediterranea) per lo specifico predominio, ma quando si trovavano davanti a un comune nemico da combattere, senza esitare, mettevano da parte le loro beghe e, come se nulla fosse, si coalizzavano per la lotta comune.

Le repubbliche marinare nell'ambito mediterraneo erano in contrasto con i "pirati" turchi (Popolo di etnia uraloaltaico, originario dell'Asia nord orientale, costituito da tante tribù. Nel 1077 divennero famosi per aver sconfitto, a Manzikert, l'esercito bizantino ed aver fondato nella Nuova Roma (Costantinopoli) un nuovo sultanato), saraceni (Popolo arabo discendente da Abramo tramite la moglie Sara), agareni (Popolo arabo discendente da Abramo tramite la schiava egizia Agar. I popoli che si diffusero nella penisola arabica sono i discendenti di Ismaele, figlio di Agar), africani (Berberi dell'Africa occidentale), mori (Popolo maurus, derivante dalla Muritania, Africa settentrionale. Sinonimo di persone con capelli e pelle scuri), musulmani (Fedeli di una religione), arabi (Un popolo), pagani (Adoratori di più dei. In vero i musulmani sono monoteisti. come i Cristiani e gli Ebrei). 
Tali nomi, ad onor del vero, sono usati impropriamente avendo essi specifici significati, qui trascurati, ma a cui si fa rimando per una più accurata e attenta dissertazione.

I fasti di quel periodo storico sono ancora ricordati, goliardicamente, con la classica famosa Regata delle Repubbliche Marinare, che si svolge, a rotazione, nelle acque delle richiamate città, utilizzando imbarcazioni, tutte uguali, aventi forma richiamante quella del passato.
A Pisa, nella bellissima Chiesa di S. Stefano, in Piazza dei Cavalieri, sono custodite, da sempre, alcuni cimeli che attestano i successi conseguiti contro gli avversari (Musulmani, saraceni) che in occidente erano (E sono) definiti pirati e barbari, ma che facevano, più o meno, allo stesso modo, quello che facevano le nostre Repubbliche quando conquistavano città portuali in Africa, in Turchia, in Medio Oriente e altrove. I "nostri" saccheggi erano, ne più ne meno, che identici a quelli che facevano i saraceni.
Forse i mori erano più sanguinari, meno civilizzati, ma il concetto di base era lo stesso. 
Conquistare un territorio voleva, quasi sempre, dire: - distruggere tutto ciò che non si poteva acquisire; - distruggere templi; - saccheggiare beni; - stuprare le donne; - rapire le donne più belle per tenerle o venderle come schiave; - rapire e rendere schiavi uomini in salute.
Solo raramente i rapporti fra le Repubbliche marinare ed i poteri locali costieri erano improntati a rispetto reciproco.

Singolarità relative a quel periodo d'interesse.
-Chiesa di S. Piero a Ripa d'Arno, Pisa. La bellissima e poco nota Chiesa dedicata a S. Pietro che sarebbe approdato/naufragato qui dal suo viaggio dal medio oriente, in seguito all'ennesimo scontro tra Pisa e Genova, era stata oggetto di saccheggio da parte di questi ultimi.
-Venezia e Pisa le due Repubbliche più cosmopolite si trovavano con gente dalla provenienza più disparata. Anche i mori lì erano tollerati, cosa non accettata nelle altre città.
-Le Repubbliche marinare di Pisa, Genova e Venezia, sostennero e difesero i cavalieri delle crociate (Papa Urbano II, propose, da Clermont (Francia), nel 1095, la liberazione di Gerusalemme (Avvenuta il 15/07/1099, grazie anche al fatto che quella area era contesa dai sunniti di Baghdad e dagli sciiti del Cairo. Da sempre, e ancora oggi, in liti sanguinose tra loro), ma si impadronirono delle città costiere conquistate e dei loro porti.
-Tante opere di architettura civile e religiosa delle città marinare sono state realizzate col contributo dei saccheggi realizzati nei siti oggetto di conquista. La bellissima Cattedrale di Pisa trova supporto per la sua realizzazione, anche, nel saccheggio fatto a Palermo, dai Pisani, nel 1063. E' appena il caso di precisare che a quel tempo Palermo era sotto il dominio musulmano.
-I berberi di Africa  controllavano il vasto territorio che dal Marocco arrivava fino all'Egitto. Inoltre, era in loro potere gran parte della Spagna. 
Le loro scorribande erano diventate incubo per le città costiere europee.
-I pirati mori erano, quasi totalmente, di fede musulmana, ma, come oggi giorno, erano divisi fra quelli di fede sunnita (Abbasidi, di Baghdad, Siria) e quelli di fede sciita (Ghaznavidi, di Teheran, Persia, oggi Iran). 

18 settembre 2024

L'ANIMA

 L'uomo, vivente, è caratterizzato da un corpo, con le sue specifiche peculiarità, e da un'anima.
Dal momento della nascita al momento della morte anima e corpo sono legati in stretto connubio. Il corpo può essere, in qualche modo, leso da terzi; l'anima, invece, è inviolabile. Nessuno può disporre di essa. 
Il corpo, in sintesi, può essere considerato  carcere e catena dell'anima.
Solo con la morte l'anima è libera dalla catena e dal carcere che la tiene legata al corpo.
Una vita serena e appagante non può che avere come presupposto il contestuale stato di gioia del corpo e della mente. 

IL VIAGGIO

 La vita non è altro che un viaggio continuo verso la morte.
Il fine vita varia da persona a persona, ma arriva per tutti.
L'anima dovrebbe essere sempre vigilante, aspettandosi sempre di tutto. 
La fine è diversa per tutti. Chi ci arriva carico d'anni; chi con pochi anni. Chi non ha più voglia di vivere e chi ha, ancora, tanta voglia di vivere.

VITA

La vera forza di un uomo sta in ciò per cui si batte e si inginocchia.
E' la forza che alberga nell'umiltà, nell'amore. 
In tutto ciò che riesce a smuovere le montagne.

  E' forza sovrumana quella che manifesta, umilmente, quel mendico, già re (Priamo), che arrivato davanti a colui che gli ha portato tanto dolore, gli dice:
"Abbi pietà di me. 
Ho sopportato quello che nessun altro mortale ha sopportato: portare alla bocca la mano di colui che ha ucciso mio figlio ..."
L'altro (Achille) lo aiuta ad alzarsi, lo abbraccia e piange insieme a lui. 
E questo, per la giusta sepoltura di quel suo figlio (Ettore), è un grande atto d'amore, al di sopra di qualsiasi guerra.

  Per quanto possibile, nella vita l'uomo dovrebbe cercare di restare lontano dalle lacrime delle donne e dai loro difetti.
Pena il coinvolgimento affettivo.

PROFETA IN PATRIA

 Esiste un antico detto proverbiale che afferma, certifica, le forti difficoltà che impediscono, al generico cittadino di "essere profeta in patria". Nei cittadini delle comunità, spesso si instaura uno stato di invidia, di rifiuto, verso tutti coloro che, grazie alle loro capacità, al loro ingegno, sono riusciti ad ottenere risultati onorevoli in tanti settori della vita.
Questa condizione di rifiuto, implicitamente ed esplicitamente manifestata, quasi sempre, spinge i cittadini di valore ad allontanarsi dalla loro patria, dalla loro terra natia. Sono costretti, per un vissuto decoroso, a trasferirsi altrove. Ad andare all'esilio (Come si chiamava nei tempi antichi).
Andare in esilio significa andare alla ricerca di un mondo migliore di quello natio, che ha negato le possibilità di crescita personale e sociale e di vissuto in serenità e pace. 

Tutti coloro che, volenti o nolenti, sono costretti ad affrontare questo viaggio dovrebbero ricordare che alcune cose, di seguito riportate, non sono alla portata dei potenti che li hanno rigettati, in modo più o meno maldestro.
Durante il viaggio d'esilio bisogna:
-Portare con se le proprie virtù, la propria personalità e la propria professionalità;
-Convincersi che è poca cosa ciò che si lascia;
-Affrontare il percorso, il nuovo luogo, a testa alta e sempre con un dolce sorriso;
-Ricordare che nulla di tutto ciò che è nell'universo è estraneo all'uomo;
-Orientarsi sempre verso ideali di Giustizia, Saggezza, Sobrietà, Buon senso;
-Rammentare che per il Saggio ogni luogo è una patria. E il saggio, in quanto tale, non può che essere Cosmopolita (Cittadino del mondo);
-Ricordare che l'anima di ogni uomo (Essere umano) non è fatta per una patria terrestre. La sua unica patria è l'universo.

La cosa più importante è procurarsi il cibo necessario per la sopravvivenza, tenendo presente che la natura ha disseminato gli alimenti di base in ogni luogo.
L'esiliato sente la mancanza di abiti e di casa, ma, quasi sempre, trova la strada per adeguarsi al nuovo mondo, ove può essere, eventualmente, riconosciuto come profeta, in funzione delle sue sole capacità.

SOFFERENZA. LA VITA CONTINUA

 Ho pianto. L'hai fatto anche tu, lo so. 
Ho tanto sofferto per il tuo pianto. Le lacrime non ci sono più. Non ci sono più gocce da spremere da questi miei occhi, oramai esausti. Esse hanno lasciato il posto ad un ipotetico sorriso. Sorriso non sempre spontaneo; spesso forzato. Convenevole.
Il tuo è, ancora, un sorriso caldo, avvolgente, sincero, spontaneo. Come tu hai sempre avuto. E' un sorriso sinonimo di felicità. Felicità di un animo privilegiato dal fatto che sei (Sì, vale ancora il tempo presente) orgoglioso di te stesso. Con sincera stima verso te stesso e verso gli altri (Tutti; anche quelli rosi dall'invidia).
Il segreto del tuo successo stava nel fatto che amavi il lavoro che facevi. Ti piaceva. Sì, ti piaceva tanto; da ... morire. Hai seguito la tua stella.
La tua felicità era talmente emozionante che era capace di sfuggire all'invidia fine a se stessa.

Avevi i tuoi interessi, il tuo lavoro, la tua famiglia, i tuoi beni, i tuoi amici. Nel tuo piccolo mondo avevi tutto, dicevi. Ti accontentavi con quello che avevi. E questo ha generato invidia procustiana.
Molti ti cercavano per amicizia, non solo per interesse specifico (Se potevi aiutavi tutti, senza alcuna distinzione), per piacere. Piacere nel dialogare di qualunque argomento.

La tua reputazione era molto solida, anche se qualche "anima prava" ha cercato di intaccarla, seminando zizzania. Il tuo vissuto, le tue azioni, le tue opere, le tue costruzioni, parlano ancora di te. Sono orgoglioso di averti per fratello. E lo sei anche tu.
Molti ti hanno rimpianto per meriti e per onore. Non facesti torto, mai, a nessuno. Come imprenditore ti sei formato a Milano, come uomo in Famiglia.
Ma, per volontà di oscuri barbari trogloditi, neppure tanto anonimi, sei stato coattivamente allontanato dalla tua terra. La fortuna, per effetto della violenza ancestrale di alcuni primitivi, ha ceduto il passo all'ingiustizia, alla volgarità della vita. 

Quei ladri di vita non hanno tenuto conto della tua moralità scrupolosa, della tua sostanziale frugalità, della tua vita di basso profilo, del tuo amore per la terra natia, per le lettere e per la musica. A nulla è valsa la presenza di una coscienza libera, senza macchia. Eri troppo libero per un sito colonizzato e dominato dai barbari. Barbari che hanno cercato - e ci sono riusciti - di dimostrare, qualora ce ne fosse bisogno, che non hanno ostacoli, difese, che tengano contro il loro potere. Potere che, come sai, gode della tolleranza o, forse, del bene placido dell'altro potere, quello privo di spina dorsale, quello che dovrebbe, per istituto, eliminare, o almeno lottare veramente, il primo.

Era il destino, mi dice qualcuno. Non accetto tale affermazione! E' solo colpa dello Stato che non è stato capace di adempiere alle sue funzioni. Non lo era e non lo è ancora.
In ogni caso posso incolpare, imprecare, il fato o qualcuno, ma nulla posso fare per cambiare gli eventi.
Ragionamenti, invettive, pianti, implorazioni, non servono a rimettere niente a nessuno.
E, allora, se ciò è vero, com'è vero, come vedi e sai, ho messo da parte le lacrime e ti accolgo con il solito sorriso, con la sofferenza messa da parte, archiviata.
La sofferenza non ha più senso. Essa ci tormenta senza aiutarci ad andare avanti col tuo gioioso ricordo. 
Il nostro cuore, ora, è sgombero della tragica voluttà del dolore.

L'umanità intera, in special modo quella della Locride, è afflitta copiosamente dal pianto per bisogno, miseria, lavoro incerto, solitudine. Ma la vita va avanti, anche se ci mancheranno le lacrime, ma non i motivi del soffrire.
Le lacrime, per tutti gli umani, sono state il primo segno della nascita, ma non è logico, ne giusto, che ci accompagnino così spesso nella vita. Specialmente quando esse trovano scaturigine nella determinazione degli uomini. E, per evitare che ci invadano totalmente è necessario fare, con logica misura, quello che ci tocca fare, ma con gradualità e intelligenza, lasciando spazio di vita per le cose belle e gioiose. 
Sì, chi resta ha il dovere di modulare saggiamente il tempo verso momenti di serenità, tenendo lontano il dolore. Per quanto è possibile.
Sì, come dicevi tu, le cose belle vanno risparmiate, non sprecate, sciupate. Non ha senso lasciar vegetare il dolore nel nostro animo. Anche per non dare un ulteriore appagamento ai primitivi.
So che anche tu non l'avresti accettato.

E, allora, cosa fare?
Come comportarsi?
Come sopportare il tragico colpo?
Sai, penso che la cosa più logica sia quella di comportarsi come quel capitano di una nave che, seppur in condizioni drammatiche, finge di essere di buon umore e nasconde, ai marinai, la difficoltà in cui si trovano, dietro la maschera del sorriso. I marinai non devono subire crolli di morale. Quindi, il capitano non deve apparire demoralizzato.
Così, allo stesso modo, cerco di mostrare il mio volto dal quale ho cercato di cancellare la sofferenza.
Il dolore lo tengo dentro di me e non lo faccio vedere a nessuno. Cerco di essere di conforto per tutti quelli che nutrivano affetto per te e cerco di essere di rimorso, sperando in un pentimento, per gli altri.
Non sarò capace di cancellare tutta la sofferenza, ma io continuerò ad agire in questa direzione.
Ciao Fratello.

SEGUI LA TUA STELLA

 Sì, segui, sempre, la tua stella!
Perché chi segue la propria stella non cerca la strada più facile, quella che tutti percorrono, ma - come Dante - cerca la propria strada, anche a costo di attraversare l'Inferno.
Dante (Inferno, XV) ce lo dice con parole toccanti messe in bocca al suo maestro Brunetto Latini.
"Se tu segui tua stella,
non puoi fallire a glorioso porto". 
Queste sono le parole che Brunetto, con determinazione, disse a Dante che aveva manifestato le sue paure di non farcela ad andare avanti, in quella "selva oscura". 
Segui la tua stella, dice Brunetto a Dante, e centrerai la tua missione. Senza alcun dubbio. Con convincimento e arriverai al tuo porto sicuro di destinazione.

LE SETTE MERAVIGLIE DEL MONDO ANTICO

 Le opere dell'uomo sono, per natura, caduche. La loro durata è variabile, in funzione di alcuni parametri (Tempo, Materiali, Luogo, Agenti esterni) che agiscono su esse.
Nulla è eterno nell'universo, eccetto l'universo. E, neanche l'universo se si dilata, di molto, la variabile tempo. Universo che di per se non è immobile, come si poteva pensare nel passato remoto) e, in quanto tale, soggetto a rimodulazioni con lentissimi processi evolutivi.
La natura col tempo tende a distruggere tutto ciò che l'uomo ha creato.
Tale azione disgregante, naturalmente, è più efficace per alcune opere e meno efficace per altre. 

Esistono nel mondo delle opere di straordinaria bellezza che sono state capaci di sfidare il tempo, di opporre estrema resistenza all'azione distruttrice della natura.
La loro bellezza, riconosciuta e tramandataci, dopo tanto resistere, in molti casi, è stata costretta a soccombere. Per il principio che niente dura in eterno e solo poche cose durano a lungo.
Tutto ciò che ha avuto un inizio umano avrà una fine, più o meno lunga. E' solo questione di tempo. 
La distruzione può essere di natura (Terremoti, Maremoti, Agenti atmosferici,...), o messa in atto dall'uomo (Guerre del presente (Russia c Ucraina; Medio Oriente; Africa) e del passato (Distruzione di Troia ad opera dei Greci; Distruzione di Cartagine, di Corinto e di Numanzia, da parte dei Romani)).

L'azione distruttiva non ha risparmiato, o fatto solo parzialmente, quelle che sono state definite le "Sette meraviglie del mondo antico".

1. Il Mausoleo di Alicarnasso (Tomba di Mausolo).
Tomba fatta costruire da Artemisia per il marito. Bodrum, Turchia. 350 a C. Distrutto da un terremoto. Dimensioni: Lunghezza 18 m; Perimetro 440 m; Altezza 11 m. Con 16 colonne 

2. Il Tempio di Artemide (Diana) ad Efeso.
Stile Jonico. Asia minore, Turchia (Già Grecia). 50 km da Smirne. Molto elegante. Distrutto e ricostruito alcune volte. 

3. I Giardini pensili di Babilonia.
Anno 600 a C. Mesopotamia (Iraq). Costruiti dal Re Nabucodonosor II. Con acqua derivata dal fiume Eufrate.

4. La Statua di Zeus ad Olimpia.
Alta 12 m. Area occupata: 10 x 6 = 60 mq. La testa di Zeus sfiorava il soffitto del Tempio. La statua di Zeus era avvolta in un mantello ricoperto d'oro. Costruita da Fidia nel 432 a C, all'interno della navata centrale del Tempio di Zeus, nella città dei giochi olimpici. Grecia. Oggi sono visibili solo i ruderi del Tempio.

5. Il Colosso di Rodi (Statua dedicata al Sole - Helios).
Alta 32 m. Era posto all'ingresso del porto dell'isola di Rodi. Grecia. Era in pietra rivestita totalmente in bronzo. Fungeva da faro e rappresentava il Dio protettore Helios. Costruito in 12 anni, finito nel 293 a C. Distrutto da un terremoto nel 226 a C.

6. Il faro di Alessandria (Isoletta di Faro, in Egitto).
Era il simbolo della città. Guida dei naviganti verso l'Asia Minore, l'Italia, la Grecia. Alta 134 m. Interamente ricoperta di specchi in bronzo, per riflettere la luce del sole. Da allora si diffusero i fari in tutto il Mediterraneo. Distrutto da due terremoti nel XIV secolo.

7. La Piramide di Cheope in Egitto.
Detta anche Grande Piramide di Giza o di Khufu. E' la più antica delle Meraviglie e la meglio conservata. Costruita nel 2560 a C (Qualche studioso parla del 3341 a C). Alta 146 m, portati a 138 m. Tomba del faraone Cheope.

   Opere tutte di straordinaria bellezza indipendentemente dalla posizione in elenco sopra riportata. Qualcuna delle suddette opere è esistente e funzionale, altre sono andate totalmente distrutte, altre sono parzialmente estinte.
   A conferma che nella vita tutto è destinato a finire. Solo le Meraviglie durano più a lungo. Niente dura per sempre. Quello che varia è il modo di essere e il modo di finire. 

CITTADINO LIBERO O SCHIAVO

Nella vita  l'uomo è costretto, dagli eventi, a fare delle scelte. 
Scelte che, spesso, condizionano la sua vita futura. Spesso agli immediati vantaggi fanno seguito condizionamenti e limitazioni perenni.
Con Elettra e sua sorella Crisòstemi, come già per Diogene e Aristippo, la storia si ripete. Con altri personaggi, ma è sempre la stessa. 
Non cedere davanti al ricatto, oppure cedere, viste le difficoltà oggettive di farsi giustizia da sole? 
E' questa la differenza: 
- Elettra rifiuta il ricatto ("No, no, mai, in nessun caso, ... , io cederei a costoro!"), invece,
- Crisòstemi accetta e si adegua al ricatto ("Che vantaggio hai in questa lotta tanto insensata?").

Da sempre, in ogni società, sono sempre esistite le due diverse tipologie di persone, delle quali la seconda (Crisòstemi) è prevalente.
Coloro che detengono il potere si trovano, continuamente, con tanta gente appiccicata, orante, osannante, sempre pronta ad innalzarli sul trono, sempre più in alto, con servilismo illimitato. Bene inteso, lo fanno in cambio di favori, piaceri, privilegi. Ma per ottenere queste cose le persone sono costrette, più o meno esplicitamente, a piegarsi, prostrarsi, inchinarsi, rinnegare se stesse, usare violenza a se stesse. Devono diventare schiave! Privarsi della loro Libertà.
Elettra era una donna libera e, per continuare ad essere Libera, non ha avuto dubbi nell'accettare e sopportare il carcere.