Nella vita ci sono momenti, particolarmente esaltanti, che appaiono come eccitanti, celestiali, sublimi, eccellenti: Come la rappresentazione del bello al livello più alto. Analogamente ci sono momenti negativi, terribili che appaiono molto più tristi di quello che effettivamente sono.
Sono questi i momenti in cui si verifica una migrazione continua dallo stato reale allo stato di finzione, e viceversa.
Ci sono momenti in cui ci sentiamo, piacevolmente, fuori dal mondo reale; come in una bolla di sapone con una vita e con le persone che desideriamo avere accanto. Solo con gioia, trasporto interiore e serenità.
Poi, passata la fantasia, il sogno, tutto torna nella realtà quotidiana, fatta di cose, di luoghi, di persone, non sempre al massimo livello dei nostri desideri.
Queste sono le fughe piacevoli, tranquille, magari giovanili o infantili, che trovano sostegno nella nostra mente, spontaneamente. Senza forzature interne o esterne.
Esistono, bisogna riconoscerlo, altri tipi di fughe, non naturali, ma dovute ad interventi esterni, seppur svolte per decisione inizialmente autonoma (O quasi), che vedono in campo l'uso di stimolanti.
Lo stesso Marco Polo, di ritorno dai suoi viaggi nel mondo asiatico, ha cominciato a parlare di una "certa erba" (Hashish) che alcuni popoli del levante mangiavano per farsi trasportare in mondi illusoriamente fantastici, paradisiaci, ove tutti i desideri potevano essere soddisfatti. Ove la gente che faceva uso di tale erba era portata ad eseguire qualsiasi ordine ricevuto da chi forniva loro la sostanza. Era, chiaramente, una dipendenza che portava all'esaltazione con l'annullamento della personalità del soggetto sottoposto.
I mercanti di Alessandria capirono subito l'importanza economica e politica che tale sostanza stimolante avrebbe fornito loro.
I potenti della terra di allora capirono che tale sostanza, capace di far acquisire all'uomo sottoposto stimolazioni sempre più coinvolgenti, facendolo traslare dal mondo reale in un mondo fantastico, irreale, ma per essi utilizzatori meraviglioso, poteva essere portatrice di enorme quantità di denaro. Tale condizione poteva essere di natura gioiosa, ma anche violenta. Ma, alla fine, sempre governabile da terzi.
L'assunzione di tale sostanza naturale era, ed è, come una lotta di cosa di natura contro la pacifica natura. E' la ricerca, la fuga dalla realtà alla finzione. Con la natura reale che nella lotta soccombe a favore del sogno irreale deformante. Con l'acquisizione, limitata, di una trasfigurazione che fa vedere, immaginare, un'esistenza che non esiste. E' una trasfigurazione che porta "in nuce" un desiderio infinito di vissuto appartenente ad altro mondo. Diverso dal reale; inesistente.
E' chiaro che la cessazione dell'effetto della sostanza porta, inevitabilmente, da una condizione gioiosa ad altra lugubre, triste. E' come un passare da un luogo paradisiaco ad uno infernale. Tale condizione porta, inevitabilmente, alla ricerca, con ogni mezzo, di far ritorno al passato, quello gioioso, non quello reale. Con le conseguenze di rito.
Il ritorno all'irreale porta in se illusorie condizioni di luminosità apparente, visibili e percepibili dal soggetto utilizzatore, ma esso porta in se, anche, un triste bagaglio fatto di papille gustative degenerate, di sguardo assente, di stato fisico localmente degenerato. In sintesi, ad una condizione di dipendenza (La sostanza è vista come il migliore nutrimento esistente al mondo del quale è difficoltoso o impossibile farne a meno) che porterà, inesorabilmente, alla ricerca continua dello stato di finzione e all'abbandono dello stato reale (Metafisico e fisico).
E allora?
Il gioco non vale la candela. La cosa più bella nella vita è affrontare la realtà con tutte le circostanze, belle o brutte, che essa vita ci porta incontro.

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