William Shakespeare ha scritto una delle tragedie più interessanti del suo teatro. RICCARDO III.
Con questa opera l'autore ha voluto mettere in evidenza tutto ciò che di barbarico l'uomo è capace di fare, prima, per la conquista e, poi, per il mantenimento del potere assoluto sulla società.
Dalla lettura della tragedia emergono, in modo nitido, le analogie che esistono tra il personaggio teatrale e il generico capo mafia locale. Analogie assolutamente coincidenti che dovrebbero servire a far aprire gli occhi a qualcuno dei miei lettori.
È nota a molti la terribile tragedia, Riccardo III, così come magistralmente raccontata da Shakespeare. Con questa nota si fa un riferimento analogico con un capomafia qualsiasi. Uno come i tanti che si conoscono (Solo i rappresentanti istituzionali non li conoscono) e imperano nel sud Italia e nella Locride in particolare.
Riccardo III, da duca di Gloucester, brutto, ignorante, malvagio - come un mafioso standard - per ottenere il potere assoluto era disposto a fare qualunque cosa. Come ogni mafioso di potere, di vertice, anche Riccardo III sapeva che il potere si conquista anche col sangue. E sapeva che una volta conquistato esso doveva essere mantenuto con la violenza, col delitto, col disprezzo dei diritti e della libertà degli esseri umani.
Entrambi i soggetti dimostrano, quindi, di sapere che per il mantenimento del potere essi dovevano sommare altri delitti ancora più cruenti di quelli esplicati durante la fase di conquista.
Riccardo III - Come il capo bastone - non può che essere classificato come un "criminale socializzato", accettato, con la forza, dalla società repressa. L'uno e l'altro non sono che "eroi criminali negativi". Sono, entrambi, "eroi negativi" che prima o poi resteranno vittime delle stesse modalità criminali che hanno messo in atto per conquistare e mantenere il potere, basato sulla sopraffazione.
Tale meccanismo diabolico è mostrato con particolare efficacia da Shakespeare, tramite il sinistro, diabolico, Riccardo III. Uomo tristo, vacuo, privo di valori umani, crudele, onnipotente, egocentrico, bramoso di potere. Per la sete di potere assoluto che poggia sul condizionamento, la sopraffazione, degli altri. Col presupposto della violenza e spesso col sangue di tutti coloro che hanno avuto il coraggio e la forza di opporsi. Violenza messa in atto, quasi sempre, con l'utilizzo di sicari, drogati o meno, destinati, quasi sempre, a fare la stessa fine delle loro vittime. Soggetti che agiscono alle spalle, a tradimento. Non a viso aperto.
Con lo scopo, non certo recondito, di ottenere, sempre più, nella gente, paura, terrore, sudditanza fisica e psicologica. E, quindi, accettazione del potere, seppur barbarico.
E, senza particolare sforzo, si vede la perfetta Coincidenza del modus operandi di Riccardo III e del capomafia di turno. Ma, come per Riccardo III verrà anche per capi - capetto - aspiranti mafiosi il loro turno. E, allora, dovranno render conto del loro operato, dei loro delitti, delle loro violenze.
Maledetto, dice Shakespeare.
Sì, Maledetti. Fino alla settima generazione!!!
Elisabetta I, autoproclamatasi capo della chiesa anglicana, figlia di Enrico VIII, non ha esitato dall'uccidere Maria Stuarda al fine di mantenere saldo nelle sue mani il potere politico in Inghilterra.
I mafiosi per farsi largo, per arrivare al potere e mantenerlo non hanno mai evitato le eliminazione fisiche di nemici, concorrenti, non amici. Le tante lotte di mafia lo stanno a dimostrare. Lotte che hanno fine col raggiungimento di uno stato di netta supremazia di una "banda" rispetto all'altra, soccombente, sottomessa. Stato di "equilibrio" che si manterrà con le armi della violenza fisica e psicologica, fino a quando un altro gruppo non riuscirà a scalzare quello esistente.
Nella più totale assenza dello Stato.
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