Siam fatti anche noi della sostanza di cui sono fatti i sogni e nello spazio di un sonno è racchiusa la nostra breve vita.(Shakespeare/Bacone)

E' l'ambiente in cui veniamo cresciuti a determinare le nostre inclinazioni e le nostre aspirazioni.

24 dicembre 2011

LA TABACCHERIA DI PESSOA

Tabaccheria

Non sono niente.
Non sarò mai niente.
Non posso voler essere niente.
A parte questo, ho dentro me tutti i sogni del mondo.

Finestre della mia stanza,
della stanza di uno dei milioni al mondo che nessuno sa chi è
(e se sapessero chi è, cosa saprebbero?),
vi affacciate sul mistero di una via costantemente attraversata da gente,
su una via inaccessibile a tutti i pensieri,
reale, impossibilmente reale, certa, sconosciutamente certa,
con il mistero delle cose sotto le pietre e gli esseri,
con la morte che porta umidità nelle pareti e capelli bianchi negli uomini,
con il Destino che guida la carretta di tutto sulla via del nulla.

Oggi sono sconfitto, come se conoscessi la verità.
Oggi sono lucido, come se stessi per morire,
e non avessi altra fratellanza con le cose
che un commiato, e questa casa e questo lato della via diventassero
la fila di vagoni di un treno, e una partenza fischiata
da dentro la mia testa,
e una scossa dei miei nervi e uno scricchiolio di ossa nell'avvio.

Oggi sono perplesso come chi ha pensato, trovato e dimenticato.
Oggi sono diviso tra la lealtà che devo
alla Tabaccheria dall'altra parte della strada, come cosa reale dal di fuori,
e alla sensazione che tutto è sogno, come cosa reale dal di dentro.

Sono fallito in tutto.
Ma visto che non avevo nessun proposito, forse tutto è stato niente.
Dall'insegnamento che mi hanno impartito,
sono sceso attraverso la finestra sul retro della casa.
Sono andato in campagna pieno di grandi propositi.
Ma là ho incontrato solo erba e alberi,
e quando c'era, la gente era uguale all'altra.
Mi scosto dalla finestra, siedo su una poltrona. A che devo pensare?
Che so di cosa sarò, io che non so cosa sono?
Essere quel che penso? Ma penso di essere tante cose!
E in tanti pensano di essere la stessa cosa che non possono essercene così tanti!
Genio? In questo momento
centomila cervelli si concepiscono in sogno geni come me,
e la storia non ne rivelerà, chissà?, nemmeno uno,
non ci sarà altro che letame di tante conquiste future.
No, non credo in me.
In tutti i manicomi ci sono pazzi deliranti con tante certezze!
lo, che non possiedo nessuna certezza, sono più sano o meno sano?
No, neppure in me...
in quante mansarde e non-mansarde del mondo
non staranno sognando a quest'ora geni-per-se-stessi?
Quante aspirazioni alte, nobili e lucide -,
sì, veramente alte, nobili e lucide -,
e forse realizzabili,
non verranno mai alla luce del sole reale nè troveranno ascolto?

Il mondo è di chi nasce per conquistarlo
e non di chi sogna di poterlo conquistare, anche se ha ragione.

Ho sognato di più di quanto Napoleone abbia realizzato.
Ho stretto al petto ipotetico più umanità di Cristo.
Ho creato in segreto filosofie che nessun Kant ha scritto.
Ma sono, e forse sarò sempre, quello della mansarda,
anche se non ci abito;
sarò sempre quello che non è nato per questo;
sarò sempre soltanto quello che possedeva delle qualità;
sarò sempre quello che ha atteso che gli aprissero la porta davanti a una parete senza porta,
e ha cantato la canzone dell'Infinito in un pollaio,
e sentito la voce di Dio in un pozzo chiuso.
Credere in me? No, nè in niente.

Che la Natura sparga sulla mia testa scottante
il suo sole, la sua pioggia, il vento che trova i miei capelli,
e il resto venga pure se verrà o dovrà venire, altrimenti non venga.
Schiavi cardiaci delle stelle,
abbiamo conquistato tutto il mondo prima di alzarci dal letto;
ma ci siamo svegliati ed esso è opaco,
ci siamo alzati ed esso è estraneo,
siamo usciti di casa ed esso è la terra intera,
più il sistema solare, la Via Lattea e l'Indefinito.

(Mangia cioccolatini, piccina; mangia cioccolatini!
Guarda che non c'è al mondo altra metafisica che i cioccolatini.
Guarda che tutte le religioni non insegnano altro che la pasticceria.
Mangia, bambina sporca, mangia!
Potessi io mangiare cioccolatini con la stessa concretezza con cui li mangi tu!
Ma io penso e, togliendo la carta argentata, che poi è di stagnola,
butto tutto per terra, come ho buttato la vita.
Ma almeno rimane dell'amarezza di ciò che mai sarà
la calligrafia rapida di questi versi,
portico crollato sull'Impossibile.
Ma almeno consacro a me stesso un disprezzo privo di lacrime,
nobile almeno nell'ampio gesto con cui scaravento
i panni sporchi che io sono, senza lista, nel corso delle cose,
e resto in casa senza camicia.

(Tu, che consoli, che non esisti e perciò consoli,
Dea greca, concepita come una statua viva,
o patrizia romana, impossibilmente nobile e nefasta,
o principessa di trovatori, gentilissima e colorita,
o marchesa del Settecento, scollata e distante,
o celebre cocotte dell'epoca dei nostri padri,
o non so che di moderno - non capisco bene cosa -,
tutto questo, qualsiasi cosa tu sia, se può ispirare che ispiri!
Il mio cuore è un secchio svuotato.
Come quelli che invocano spiriti invoco
me stesso ma non trovo niente.

Mi avvicino alla finestra e vedo la strada con assoluta nitidezza.
Vedo le botteghe, vedo i marciapiedi, vedo le vetture passare,
vedo gli esseri vivi vestiti che s'incrociano,
vedo i cani che anche loro esistono,
e tutto questo mi pesa come una condanna all'esilio,
e tutto questo è straniero, come ogni cosa.
Ho vissuto, studiato, amato, e persino creduto,
e oggi non c'è mendicante che io non invidi solo perchè non è me.
Di ciascuno guardo i cenci e le piaghe e la menzogna,
e penso: magari non ho mai vissuto, nè studiato, nè amato, nè creduto
(perchè si può creare la realtà di tutto questo senza fare nulla di tutto questo);
magari sei solo esistito, come una lucertola cui tagliano la coda
e che è irrequietamente coda al di qua della lucertola.

Ho fatto di me ciò che non ho saputo,
e ciò che avrei potuto fare di me non l'ho fatto.
Il domino che ho indossato era sbagliato.
Mi hanno riconosciuto subito per quello che non ero e non ho smentito, e mi sono perso.
Quando ho voluto togliermi la maschera,
era incollata alla faccia.
Quando l'ho tolta e mi sono guardato allo specchio,
ero già invecchiato.
Ero ubriaco, non sapevo più indossare il domino che non mi ero tolto.
Ho gettato la maschera e dormito nel guardaroba
come un cane tollerato dall'amministrazione
perchè inoffensivo
e scrivo questa storia per dimostrare di essere sublime.
Essenza musicale dei miei versi inutili,
magari potessi incontrarmi come una cosa fatta da me,
e non stessi sempre di fronte alla Tabaccheria qui di fronte,
calpestando la coscienza di esistere,
come un tappeto in cui un ubriaco inciampa
o uno stoino rubato dagli zingari che non valeva niente.

Ma il padrone della Tabaccheria s'è affacciato sulla porta e vi è rimasto.
Lo guardo con il fastidio della testa piegata male
e con il disagio dell'anima che sta intuendo.
Lui morirà ed io morirò.
Lui lascerà l'insegna, io lascerò dei versi.
A un certo momento morirà anche l'insegna, e anche i versi.
Dopo un po' morirà la strada dove fu stata l'insegna,
E la lingua in cui furono scritti i versi.
Morirà poi il pianeta che gira in cui tutto ciò accadde.
In altri satelliti di altri sistemi qualcosa di simile alla gente
continuerà a fare cose simili a versi vivendo sotto cose simili a insegne,
sempre una cosa di fronte all'altra,
sempre una cosa inutile quanto l'altra,
sempre l'impossibile, stupido come il reale,
sempre il mistero del profondo certo come il sonno del mistero della superficie,
sempre questo o sempre qualche altra cosa o nè una cosa nè l'altra.

Ma un uomo è entrato nella Tabaccheria (per comprare tabacco?),
e la realtà plausibile improvvisamente mi crolla addosso.
Mi rialzo energico, convinto, umano,
con l'intenzione di scrivere questi versi per dire il contrario.
Accendo una sigaretta mentre penso di scriverli
e assaporo nella sigaretta la liberazione da ogni pensiero.
Seguo il fumo come se avesse una propria rotta,
e mi godo, in un momento sensitivo e competente
la liberazione da tutte le speculazioni
e la consapevolezza che la metafisica è una conseguenza dell'essere indisposti.

Poi mi allungo sulla sedia
e continuo a fumare.
Finche il Destino me lo concederà, continuerò a fumare.
(Se sposassi la figlia della mia lavandaia
magari sarei felice.)
Considerato questo, mi alzo dalla sedia.
Vado alla finestra.
L'uomo è uscito dalla Tabaccheria (infilando il resto nella tasca dei pantaloni?).
Ah, lo conosco: è Esteves senza metafisica.
(Il padrone della Tabaccheria s'è affacciato all'entrata.)
Come per un istinto divino Esteves s'è voltato e mi ha visto.
Mi ha salutato con un cenno, gli ho gridato Arrivederci Esteves!, e l'universo
mi si è ricostruito senza ideale ne speranza, e il padrone della Tabaccheria ha sorriso.

Fernando Pessoa

5 ottobre 2011

E ORA BATTE



Ed ora batte il vento della sera
Alla porta che cigola di freddo
Da un varco di pietà lungo le scale
Penetra un raggio ancora, Entro.
Sento che la tua voce si tormenta
Impacciata al richiamo del perdono.
“Stai bene?” “Sto bene, ma non so
Se la credenza è piena come un tempo,
se il piatto è caldo, se il profumo
che corre sa di pane, se ride
il vino dentro la bottiglia.
Se puoi ascoltarmi che non so vederti”.

Dammi la mano. La tua mano d’ambra
Esperta di lavoro e di carezze.

Alza la voce santa a benedire
La voglia di sapere quale sono,
vieni tra le mie braccia ad ascoltarmi.

Mille peccati ho addosso, mille misfatti,
mille sere trascorse senza fede,
mille cadute, mille tradimenti,
ed una arsura come fuoco avvampa.

Lascia che batta il vento, che mi tocchi,
che dalle spaccature giunga un refolo.

Sono venuto. C’è il vino rosso
E il pane s’è indurito. Ma giù
C’è il mare. La valle. Le colline.
E un trancio leggerissimo di luna.


Suprema Lirica di Carlo Antonio PASCALE,
dedicata, dall'Autore, al titolare di questo blog

18 settembre 2011

SCRITTURA

Dimmi come scrivi e ti dirò chi sei.
Si diceva così tempo fa e, forse, si dice ancora; per conoscere la caratterizzazione dell'uomo.
Ebbene, ciò stante, invito tutti, ad esprimere, senza remore, le proprie opinioni sull'autore.

LIBRI MEMORIALES (LIBRI DELLA MEMORIA)

Nel Medioevo (Spesso, indebitamente, definito di arretratezza culturale) con lo sviluppo del commercio e delle città, si riducono, sensibilmente, le donazioni al clero (Monasteri). Anche per far fronte a tale circostanza nei monasteri si istituiscono "devozioni speciali" che permettono ai vivi di aiutare i morti o di essere essi stessi aiutati dopo la morte. Nascono, quindi, i "libri memoriales" in cui vengono riportati il nome del defunto per cui pregare, le date delle messe o degli uffici sacri da celebrare...
Durante i lavori per il restauro di una antica casa patrizia, già sede canonica, è stato trovato, in un recondito pertugio murato, all'interno delle strutture murarie del piano seminterrato, un "libro memoriale" che, appena possibile, riporterò, integralmente, in rete. Gli anni passati sono tantissimi, ma le famiglie ... sono immediatamente riconoscibili. Senza alcuna omissione... senza alcun commento, eccetto quelli dell'autore.

POVERETTO COLUI CHE NON HA SOGNI

Si, poveretto colui che non ha sogni. La vita senza sogni è priva di significato sia per il singolo Uomo, sia per il singolo Popolo.
Io mi considero e sono ( E lo sa chi mi conosce bene) un grande Sognatore.
Il popolo che meglio di tutti ha sognato e fantasticato (Con stile ed eleganza) sull'esistenza dell'uomo è quello Greco; facendo sognare (Con la Filosofia, la Letteratura, l'Arte, le Scienze, la Matematica,...) e volare intere generazioni. Al di la della lingua, dei confini geografici, del credo politico e religioso, del tempo!!! Sogni immortali

CANDIDO FIORE NEL BOSCO DI CASA MIA


Qualche giorno fa, dopo una estate particolarmente calda, è nato un candido fiore bianco nel bosco del giardino di casa mia. Il fiore è nato da una pianta da giardino detta "Yucca filamentosa", che è riuscita ad emergere fra tanti alberi che sopravvivono allegramente fra loro. Alla vista del fiore (A grappolo, in cima alla pianta alta circa 3,00 m) mi sono emozionato; mi son sentito volare...

10 settembre 2011

TERNE PITAGORICHE

E' noto a tutti il teorema di Pitagora sui triangoli rettangoli, che ci informa della singolare circostanza del rapporto (Uguaglianza) tra la somma dei quadrati costruiti sui cateti ed il quadrato costruito sull'ipotenusa. In sintesi: a2 + b2 = c2 . Tanti tecnici, in fase operativa, in assenza di adeguata strumentazione ed in presenza di necessità inderogabili, dovendo materializzare due direzioni ortogonali (Pur in prima approssimazione), ricorrono alla terna pitagorica più nota costituita dai due cateti (3) e (4) e dall'ipotenusa (5).
Di terne pitagoriche, come noto, esistono infinite. Per trovarle, una volta fissati, a piacere, due numeri interi p e q (Di cui p>q), bisogna e basta trovare:
- la differenza dei quadrati dei suddetti numeri : p2 - q2 ;
- il doppio prodotto dei due numeri: 2 p q;
- la somma dei quadrati dei due numeri: p2 + q2 .
Se, per esempio, poniamo p = 2 e q = 1 otteniamo:
p2 - q2 = 2.2 - 1.1 = 4 - 1 = 3
2 p q = 2.2.1 = 4
p2 + q2 = 2.2 + 1.1 = 4 + 1 = 5
Ossia la terna pitagorica più elementare ( 3, 4, 5) e nota.
Divertiti a cercare altre terne fissando a piacere i valori di p e di q.

29 luglio 2011

CENTRALI NUCLEARI



Altre volte mi sono soffermato sulle problematiche connesse alle centrali nucleari, per la produzione di energia. Ora vorrei, soltanto, rammentare l'esigenza improcrastinabile, da parte di tutti i paesi del mondo, ed in particolar modo di tutti quelli appartenenti al Continente Europeo, di effettuare dei controlli terzi (Effettuati da strutture esterne alle stesse Società di gestione ed agli stessi stati interessati) al fine di verificare la persistenza e/o l'esistenza dei requisiti minimi di sicurezza. Sulla scorta delle ultime esperienze di Fukushima. In sintesi rammento che, a mio parere, le centrali nucleari dovrebbero: Essere realizzate fuori dai centri abitati (A distanza superiore a 100 km); Essere non prossime alla linea costiera; Essere esterne alle aree considerate come sismiche; Essere ad una quota tale da non essere interessati da eventuali maremoti (Tsunami); Possedere dei sistemi di raffreddamento del nocciolo verificati anche agli effetti sismici più gravosi ed ipotizzabili.

CALATRAVA SUL CANAL GRANDE



Dal punto di vista artistico, senza dubbio, quella di Calatrava è una delle passerelle (E' destinata al solo transito pedonale, anche se qualche buontempone, poco tempo fa, l'ha percorsa con l'auto) più belle realizzate recentemente. Rappresenta una specie di lombrico stilizzato, che per superare un ostacolo (Il Canal Grande) si inarca reggendosi sulle due diverse sponde. Trattandosi di una struttura fortemente arcuata non può, certamente, considerarsi una struttura a travata, ossia una struttura che scarica sulle fondazioni prevalentemente carichi verticali, ma deve essere considerata, com è effettivamente, come una struttura spingente (Ad arco). Le strutture spingenti, per loro natura, portano in fondazione delle spinte orizzontali che, come nel caso in esame, possono essere abbastanza considerevoli. E' questo il classico caso dei portici ad arco che arredano con eleganza tante nostre bellissime città. Questi portici, come ognuno può verificare personalmente (Fanno eccezione i bellissimi porticati de L'Aquila che essendo privi delle suddette catene hanno subito importanti conseguenze per effetto del sisma del 2009) sono dotati di barre d'acciaio (Catene in gergo ingegneristico), adeguatamente ancorate, poste in corrispondenza delle imposte, aventi la funzione di assorbire le forze spingenti generate dall'arco. Il ponte (Più corretto definirlo Passerella) di Calatrava ha subito in fase progettuale prima ed in fase esecutiva poi tanti travagli che l'hanno portato all'attenzione dei media, non solo per la concezione strutturale ed artistica. Le problematiche, purtroppo, recentemente, si sono riaccese per una problematica statica, estetica. Qualcuno ha "scoperto" che il ponte spinge le due rive del Canal Grande a... divaricarsi. Il consulente tecnico nominato (Prof. Majowiecki dell'Università di Bologna) per esprimersi sul problema non ha potuto far altro che affermare che la struttura è del tipo spingente e che non sono stati predisposti opportuni accorgimenti necessari per assorbire detta spinta. Come succede in questi casi l'effetto della consulenza è stato quello di gridare contro il Progettista e contro il Collaudatore (Carissimo amico Prof. Enzo SIVIERO) il quale, poverino, pur evidenziando l'esistenza del problema non ha osato... infierire sull'estro del famoso architetto.
Il problema dell'azione spingente, in vero, esiste ed è reale, ma non bisogna dimenticare che, come accennato anche dal Consulente, può essere risolto, facilmente, con opportune tecniche sulle fondazioni...