Siam fatti anche noi della sostanza di cui sono fatti i sogni e nello spazio di un sonno è racchiusa la nostra breve vita.(Shakespeare/Bacone)

E' l'ambiente in cui veniamo cresciuti a determinare le nostre inclinazioni e le nostre aspirazioni.

14 febbraio 2014

LA CINCIALLEGRA, DI CARLO A. PASCALE

E’ impazzita. Impazzita! Impazzita!? Impazzitaaaaaaa!
La cinciallegra che in cima al melograno starnazza come un'oca.
E batte l'ali e fischia al par del merlo.

E’ un giorno strano.
Forse un giorno nero, mi dico!

La mia donna festeggia Valentino, lontana.
non sente la cinciallegra che chioccola come allodola al mattino.
Laggiù dove, se guardi, scorgi il mare blu
e il delfino che gioca allegramente
non vedi
e tutta l’altra gente…………laggiù.
E insiste e danza sopra il ramo del pesco che si muove nel sole
la cinciallegra.

Resto incaponito a guardare.

Giorno triste sarà se la cinciallegra gorgheggia e l’usignolo parla.

Te lo regalo questo giorno, donna,
Dalle stelle alle stelle.

Ascolta. Ascolta questa voglia ostinata d’impazzire.

Lasciami tra le voci che indovino:
il cavallo che sibila,
il leone che pigola,
l’aquila che crocchia.

Seduto guardo il sole che ruzzola al tramonto.
Solo.
Senza voce.
Muto.
Felice del mio nulla.

Carlo A. Pascale, 12/02/2014,  ore 18,11
Lamento d'amore in versi. 

8 febbraio 2014

IO, IL CANTO DEL CIGNO, DI CARLO A. PASCALE

Per il tuo Blog, ecco due mie poesie. Forse è valsa la pena aspettare. Vorrei tanti commenti severi, profondi, fatti da gente … . Intanto, ti ringrazio, caro Ingegnere, per l'ospitalità squisita che riservi ai miei componimenti. Sono "aspetti" del mia concezione della vita. Ti abbraccio. Carlo. 
Carlo, sono contento ed orgoglioso per l'onore che mi fai inviandomi le tue Poesie che pubblico immediatamente. Con stima ed orgoglio.

SEMMAI IO GIUNGA….

Semmai io giunga nel saettar di un lampo quando il cielo
Sa di nuvole profonde e il tuono batte la terra che si spezza e trema,
Vieni con le parole del perdono a cogliere del lago la fragranza
Che incespica nel freddo della sera.
Portami altrove nuvola che passi seminata nel cielo come un drappo!
Offriti al vento che imprecando arriva dalle forre dei monti
e dai merli dentati del castello dove ancora un conte
non sazio di morte
spinge nelle carni il coltello dello strazio
e sparge sangue innocente sulla terra.

O se cavalchi un grido che urta e scuote la serena quiete
Portami l’ala calda della pace
Ch'io goda di guardare le tenere riviere dell’oblio.
Qua dove il sole è caldo e il vento scorre quietamente
aspetto che si compia la mia sorte nel giro benedetto dell’amore.

E corro a benedire ogni fiato che bussi alla coscienza.
Verrò col laccio dell’incantatore a creare riccioli di fede.
Nell'affamato uomo della terra gema di pianto
la tenace memoria del pane.
Datemi tutti i poveri che soffrono
dall'arsa sabbia del deserto al freddo della tundra, come fratelli.
Ch'io apra il cielo con fardello umano.
Sarò il poeta che conserva il seme..
Un poeta strappato nelle carni
Che alza braccia lunghe senza forza
al Cristo che nereggia e suda sangue.
Lo aspettano vani pensieri da cent’anni tristi.

E cantate e danzate di prodiga speranza quando albeggia.
Ch'io possa andare in un lampo di salti cadenzati
dietro i profumi che il giorno invia al sole.
Ch'io possa avere la dolcezza del desco spensierato
E il canto dell’allodola nel cielo e il volto della stella del mattino,
Prima che il gorgo mi travolga e annienti
Portami alla zolla che mi aspetta, Donna!
Donami un chiaro segno del mistero.

E s'alza polvere dalle larghe ferite della terra che si scioglie nel nulla.
Datemi la certezza di un ricordo.
Di un battito di luce.
Di un pianto che si sciolga.
Il mio cammino è trafitto nel petto.
E siano le fresche trame dell’alba e le mani dolci che mi danno l’acqua
il refrigerio.
E tu piangi perché non puoi piacermi, come credi.
Portami il tempo che gonfia lo spazio
e le cime infilate dentro il cielo.
Seguo le impronte lasciate dall'uomo
Tentennando..

Siderno (RC), 26.01.2014 cap


IN QUESTO GIORNO CHE PRESUMO ETERNO

Chiederò all'alba le tenere movenze che governa
E i trilli della luce nel mattino
Quando il mare si culla in trasparenza
E il cielo sa di fragola e d’essenza.
Verrò da te al trepido sospiro del tuo petto per donarti i colori
e il fresco canto del giorno
Sull'alberello tenero che trema nell'occhio dell’allodola al mattino.
Lungo il tuo sguardo limpido di sogno.

In lontananza brillano nel sole i monti nella neve,
Nei fossi della vita batte il mio sangue, oggi.
E al vento chiederò l’impeto e il corso e i profumi diffusi della terra.
In un lungo corteo di tenerezza..
Nella sera cerco la clemenza del tempo e il velo dolce che ravvolge il mondo
dai monti alle colline
Alla pianura placida che trema come il canto del cuore.

Muore mille volte il poeta se non scorge che la sua voce, misurata, a sera,
naviga dentro un fremito di stella.
Ti vestirai di lampi di colori e lancerai nel cielo i tuoi sospiri
e i cupidi pensieri dell’amore.
E chiederò al giorno che divampa di vita la pienezza del canto
E le spighe dorate e l’ape, che penetra nel polline, vorace.
E ti darò la gaiezza del sole in questo giorno che presumo eterno..
Verrai quando non ho che il pianto e sarò solo:
muto e piegato nella pura assenza..

Tenero un fiato
E sulla zolla poggerò la testa.

E sarà festa, Donna.

Venerdì, 07 febbraio 2014   ore 16.57    Carlo A. Pascale

4 febbraio 2014

IFIGENIA

Nello studio della vita dell'uomo sulla terra, spesso ricorrono alcune civiltà che hanno lasciato tracce  culturali indelebili. Penso ai Maya, agli Aztechi, agli Assiri, ai Greci ai Romani. Tutti popoli che sono stati, in qualche modo, coinvolti nell'intreccio Religione-Superstizione-Barbarie. Intreccio che, anche ai giorni nostri potrebbe essere attuale (Sotto forme diverse da quelle attraversate nel passato), può essere sciolto, solo, dalla Cultura, dalla conoscenza, dalla scienza, dalla Ragione. 
In questo contesto (Religione e Superstizione prevalenti su Scienza e Ragione), con le parole di Lucrezio, la storia della bella Ifigenia.
Nella città greca di Aulide, il fior fiore degli eroi Achei deturpò col sangue di Ifigenia l'altare della vergine Diana, per propiziare la dea offesa dall'uccisione di una cerva sacra. 
Quando le fu tolta la benda dagli occhi, la ragazza scorse il padre Agamennone all'alto col volto mesto, i sacerdoti attorno a lei che nascondevano la lama del sacrificio, i cittadini che piangevano. E cadde in ginocchio terrorizzata.
Non giovò, alla sfortunata, l'essere stata la primogenita del re che aveva offeso la dea: fu sollevata a braccia dagli uomini, e condotta all'altare tutta tremante.
Ma non, come le avevano fatto credere, per essere solennemente sposata ad Achille e musicalmente scortata dal canto di Imeneo, protettore dei matrimoni. Bensì per soccombere come mesta vittima, immolata dal proprio padre affinché la flotta potesse salpare per Troia.
   

L'ANIMA

   Spesso, quando non riusciamo a trovare risposte a certe domande tendiamo ad ... ignorarle. 
Ma rifacendomi a Lucrezio, spesso mi domando e vi domando:
Quale sia la natura dell'anima, semplicemente lo ignoriamo. 
Alla nascita, è generata dall'interno o viene infusa dall'esterno?
Alla morte, perisce con noi o va a visitare le tenebre dell'orco e il vuoto sconfinato? O, addirittura, trasmigra miracolosamente in altri esseri?
   Domande: 
- Da quando agisce nell'uomo? 
- Quando scappa dall'uomo dove va? - 
Comunque la pensiate (Credenti o non credenti), è un argomento che trova soluzione, solo, nella fede. O no?


3 febbraio 2014

UNA IDEA

   Qualche giorno fa un carissimo Amico, un po' dubbioso, mi ha chiesto se  una sua " pazza idea" fosse una  idea. Gli ho immediatamente risposto dicendo che se la sua idea aveva le caratteristiche intrinseche della pericolosità, della follia, allora non poteva che essere definita IDEA.
   Alcuni giorni dopo Qualcuno mi ha lasciato uno scritto con un aforisma, che non conoscevo, di O. Wilde:
"Un'idea che non sia pericolosa non merita affatto di essere chiamata idea".
   Quante Idee folli ci balenano nella mente tutti i giorni? 
   Chi più chi meno siamo tutti folli (e pericolosi). O no?  

1 febbraio 2014

IL SOLE NEGLI OCCHI - 3 Sognatore

   Chiudo con questo post gli stralci de "Il sole negli occhi" di Giuseppe ROMEO. Mi auguro che la lettura di questi post possa servire a far conoscere veramente la personalità, il carattere, lo stile di un sognatore. Spesso, solo fra tanta gente. Ciao Giuseppe.
"Luca strinse fortemente al suo petto la sua Claudine, l'accarezzò e la baciò mille volte su ogni centimetro dei suoi capelli, dei suoi occhi, del suo naso, delle sue orecchie, delle sue labbra, del suo viso ancora rigato dalle lacrime; le disse che la sua notizia era, non quello che pensava lei, ma una cosa meravigliosa, sublime, vera, bella, in rapporto a quella loro continua, amara, realtà; anche il vento, ora, aveva smesso il suo andare impetuoso, e con la brezza marina accarezzava i loro giovani corpi, avvinti, cullava in una dolce nenia le loro anime, i loro cuori, le loro menti; anche nel cielo, in quel cielo perennemente spento, ora splendevano stelle che come un continuo luccicante e tremolante corteo, illuminavano il loro sentiero, le loro strade, i loro infiniti orizzonti.
...
Una esplosione di luce, rumori, profumi, invase lo scompartimento, gli violentò gli occhi, ancora rattrappiti dal sonno, una ventata d'aria fresca gli sferzò il viso, gli scompigliò i lunghi capelli grigi, terse in una fresca carezza la sua fronte ancora madida di sudore, dove una fitta ragnatela di sottili rughe testimoniava, inesorabilmente, il segno del tempo, scivolò stimolante e leggera, sotto la camicia sbottonata sul petto irsuto dove goccioline di sudore rotolavano pigre nel profondo solco d'una cicatrice.
...
Luca era ormai rimasto solo, solo e spaesato in quella vecchia casa di gesso, ..., nella solitudine che ogni giorno di più lo attanagliava, in quel silenzio assordante di grida, nel continuo replay di sua Madre, di suo Padre, di suo Nonno, di sua Nonna, della sua AnnaMaria, di Claudine, di sua figlia Maria, della sua paura, della sua miseria, del suo vuoto, in quel baratro di ricordi che giorno dopo giorno, finiva d'inghiottirlo. E FU LA FINE".

IL SOLE NEGLI OCCHI - 2. Solo

   Dal romanzo inedito "Il sole negli occhi" di Giuseppe ROMEO, riporto alcuni coinvolgenti stralci:

"Gettò la giacca sul letto ancora disfatto, ed uscì sul balcone. Nel cielo non c'erano più, né stelle, né luna, era solo; solo con il suo ricordo, l'immagine di lei, che gli appariva, ora precisa e reale, ora incerta e vaga.
Era solo, come lo era stato, nel già corto ma triste cammino della sua vita. Era solo, come lo era stato all'età di sette anni, in un piovoso pomeriggio di dicembre, dietro la bara di suo padre, che un vecchio e piagato mulo, schiumante di fatica, come il mare Jonio all'orizzonte, trascinava, stancamente, all'ultima dimora. Era solo, con la sua "détresse", come lo era stato, all'età di sedici anni, difronte ad un crocifisso muto, nella claustrale "froideur" (fredda, gelata) di una cella in un convento di Frati Minori, ove l'avevano spinto la sua miseria ed i sintomi di una vocazione che ben presto si rivelava falsa.
Era solo, come lo era stato all'età di diciotto anni, quando i suoi parenti non potendolo più mantenere agli studi, l'avevano abbandonato al primo "carrefour" (bivio) della sua vita. Era solo, come lo era stato, nella serie interminabile delle sue disillusioni. Solo, come lo era stato, di fronte ai risi "moqueurs" (sfottenti) della sua gente, dei suoi amici. Solo, come lo era stato quando forte del suo coraggio e della sua incoscienza, la chitarra a tracolla, era andato nelle piazze a cantare le sue canzoni, o come quando, le mani vuote e sotto un "maquillage" (trucco) di sudore e di rabbia, declamava Shakespeare, ad un pubblico d'ignoranti montoni.
...
Un cielo terso ricopriva ogni cosa; la bassa marea aveva portato lontano lo schiumio dell'onda, davanti agli occhi di Luca un'anonima distesa di sabbia grigia, dalla quale spuntavano scorie o spuntoni di ferro arrugginiti, ricordo delle navi affondate durante la guerra, dune di sabbia e detriti si perdevano all'infinito, Claudine e Luca andavano, affondavano i loro passi in quella immensa solitudine, pronunciavano parole che il vento del nord rapiva dalle loro bocche e li portava via, nell'immensità che li circondava, poi si fermarono, uno difronte all'altra, le mani nelle mani, gli occhi negli occhi, il vento nei capelli, mentre due labbra tremolanti ... così la loro gioia, i loro fremiti,... "