La speranza.
La speranza può essere rappresentata con due diverse facce: una positiva e una negativa.
L'aspetto positivo è legato alla necessità di reagire alle avversità della vita, senza alcun, o con minimo, abbattimento. Con la convinzione che il tempo porterà risposte positive.
L'aspetto negativo è legato alla cortina di fumo, di incertezza, di nebbia, che impedisce di vedere nitidamente la realtà e, quindi, il futuro.
Speranza e società.
La speranza rappresenta i Sogni che si fanno ad occhi aperti. È lo stato di ottimismo che aiuta ad agire verso il fare, verso le cose che portano gioia.
È un sentimento di fiduciosa attesa per un futuro positivo; che sottintende l'aspettativa di un futuro migliore, nonostante le avversità.
È un bene che appartiene, volendolo, a tutti, ricchi e poveri. È stabilmente presente nelle persone che non hanno nulla. Gli ultimi, coloro che restano sempre in fiduciosa attesa di quel qualcosa che hanno sempre desiderato.
È desiderio, aspettativa, fiducia. Un bisogno di credere in qualcosa e/o in qualcuno. È ottimismo e resistenza contro le avversità, con la ricerca viscerale di un mondo migliore.
Speranza e mito
Nella mitologia greca la dea della Speranza è Elpis (Spirito della speranza).
Nella mitologia romana la dea è detta Spes (Fiducia nel futuro).
Elpis è legata al racconto/parabola del vaso di Pandora (Alla donna era stato chiesto di non aprire il vaso che conteneva tutti i mali e la Speranza, ma Pandora non resistette alla curiosità e l'aprì facendo scappare i mali) ove essa rimase chiusa dal momento in cui tutti i mali riuscirono a scappare. Con il proposito di offrire a tutti conforto e, forse, ancora di più, un potenziale elemento di illusione. Sì, perché la Speranza, spesso, porta l'uomo ad ipotizzare scenari difficilmente realizzabili.
La speranza è l'ultima a morire, anche nella situazione più disperata e difficile. Essa è l'ultima risorsa capace di aiutare ad andare avanti, verso il nuovo futuro, verso risposte piu fiduciose.
La Speranza può essere considerata come un raggio di luce che aiuta le persone ad uscire dal buio tunnel della vita.
Speranza e vita
La Speranza è legata alla vita. Cessa con essa. Finché c'è vita c'è speranza, recita un famoso detto.
Nei momenti sereni della vita le persone dovrebbero, sempre, ricordarsi di tenere lontane le avversità e sperare in un mondo migliore.
La Speranza ha un forte legame con la natura, col suo risveglio primaverile, e per questo motivo essa è assimilata al colore Verde.
La Speranza è la tendenza verso una meta fortemente desiderata e magari ardita. Avere speranza significa, anche, avere adeguate capacità nell'accettazione di dolori, delusioni, negatività. Essa aiuta a non finire in stati depressivi.
"La Speme è quella calda luce solare che illumina la vita delle persone e che le libera dalle catene del presente", secondo Nietzsche.
La Speranza è un percorso di vita e di spirito verso il raggiungimento di un mondo migliore.
Speranza e fede.
Per la Chiesa la Speranza è una delle virtù teologali. Tramite essa le persone possono tendere verso la vita eterna.
Per S. Francesco essa non è una sensazione, ma è, semplicemente, Dio in persona ("Tu sei la nostra speranza").
Per la Chiesa la Speranza è rappresentata dallo Spirito Santo
È l'elemento spirituale che fa acquisire la fiducia e l'energia, presenti nelle stesse capacità dell'uomo.
Speranza e psicologia.
L'uomo colpito da gravi avversità ha bisogno di essere protetto da una specie di corazza, uno scudo metallico, contro gli attacchi della vita. La presenza di tale scudo gli permette di essere dotato di adeguata resilienza (Capacità di resistere agli urti, ai colpi, agli attacchi, anche quelli molto forti e violenti, magari piegandosi, ma senza spezzarsi. Mantenendo la propria integrità etica e morale. Piegato, ma non spezzato).
È accertato scientificamente che le persone munite di Speranza sono molto più capaci di reagire positivamente alle avversità. Con grande capacità di riprendersi anche da attacchi traumatici e tragici. Queste persone sono capaci di vedere, meglio e prima degli altri, la fioca luce posta alla fine del tunnel.
La speranza è rappresentata da più simboli, tra essi l'ancora, il pettirosso.
L'ancora rappresenta il simbolo della Croce, ch'è capace di tenere fermi stabilmente, in un porto sicuro, anche nei momenti più difficili.
Il pettirosso è l'uccello piccolissimo, bello, gioioso, capace di resistere tenacemente alle difficoltà della vita.
Speranza e poetica.
Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate.
Questi versi aprono il canto III dell’Inferno e rappresentano l’iscrizione sulla porta dell’Inferno dantesco. La loro forza sta nell’immediata drammaticità con cui introducono il regno della dannazione eterna.
L’iscrizione parla, in prima persona, come se la porta stessa avesse voce, creando un effetto di personificazione inquietante. L’anafora “per me si va” scandisce con solennità il passaggio verso tre dimensioni della perdizione:
-la città del dolore,
-la sofferenza eterna,
e l’umanità perduta.
Non si tratta solo di un luogo fisico, ma di una condizione esistenziale definitiva.
Particolarmente significativo è il riferimento alla Trinità divina come origine dell’Inferno:
la “divina podestate” (il Padre),
la “somma sapïenza” (il Figlio)
e il “primo amore” (lo Spirito Santo).
Dante vuole sottolineare che anche la giustizia punitiva dell’Inferno nasce dall’amore divino, un amore che rispetta la libertà umana fino alle sue estreme conseguenze. L’Inferno non è, quindi, capriccio di un dio crudele, ma manifestazione di giustizia perfetta.
Il verso “Dinanzi a me non fuor cose create / se non etterne” colloca l’Inferno in una dimensione metafisica assoluta: esso esiste dall’eternità, come gli angeli e i cieli, testimoniando l’eternità della giustizia divina.
Il verso finale - “Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate”, è forse il più celebre e terribile dell’intera Commedia. La speranza, virtù teologale essenziale nel Cristianesimo, viene qui negata definitivamente. È la dichiarazione ultima dell’irreversibilità della dannazione, ciò che rende l’Inferno veramente infernale: non la sofferenza fisica, ma l’assenza totale di prospettiva, di redenzione, di cambiamento.
‘Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l'eterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore;
fecemi la divina podestate,
la somma sapïenza e ’l primo amore.
Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate’.
Dante Alighieri, (Divina Commedia, Inf. III, vv. 1-9)