La conquista e la conservazione del potere (Lecito o illecito) spesso porta con se la necessità di attivare dei percorsi che quasi sempre sono illegittimi. Con un conseguente mescolamento tra realtà e finzione.
Anche secondo il Principe, del Macchiavelli, il fine (Ottenere il potere e conservarlo) giustifica i mezzi (Iniziative lecite e illecite per il raggiungimento dello scopo). Che si tratti di un principe, di un politico, di un imprenditore, di un mafioso.
Esercizio del potere. Il principe.
Ogni azione è lecita per la conquista e la conservazione del potere, sembra voler dire anche Shakespeare, col suo Riccardo III.
E' un "uomo crudele e astuto", dotato di una arguzia sottile, accattivante. Simpatico ai deboli che condiziona e assoggetta. Antipatico ai forti che spesso sottomette e/o sopprime. Con il suo forbito e spiritoso linguaggio non dice mai, ai suoi interlocutori, le sue vere trame. Spesso dice il contrario di quello che pensa al fine di provvedere, con ogni mezzo, per eliminare ogni impedimento. Impedimento che se manifestato deve essere subito represso per evitare perdita di credibilità nel resto della popolazione. Con possibili eventuali maggiori negative contrapposizioni.
Egli nega anche l'evidenza: tutti i delitti e le malvagità più crudeli.
Parla ai suoi interlocutori trattandoli come confidenti. Quasi dei confessori, ai quali racconta, scherzosamente, le sue malefatte. Col desiderio di farli diventare partecipi dei suoi misfatti. Anzi, complici. E i complici raramente diventano avversari, accusatori.
Con la capacità di far apprezzare la sua grandezza, anche nella barbarie del delitto fine a se stesso. Solo per la necessità di acquisire e mantenere il potere.
Grandezza nella malvagità che non sempre la gente è capace di leggere, capire, nella giusta dimensione.
Tutto ciò col risultato di essere lontano dalla "impersonificazione del male".
E' la bramosia del potere che fa scattare tutte le azioni criminose, con l'obiettivo di eliminare, con ogni mezzo, tutti gli impedimenti che si presentano tra lui e il potere.
Con la consapevolezza di poter dare lezioni al "perfido Macchiavelli" sul concetto della necessità di assicurare il principio, di ogni principe, sulla necessità di confermare il detto che "il fine giustifica il mezzo".
Spesso (Lui) si finge amico di coloro che potrebbero danneggiarlo, per poterli , poi, eliminare. Siano essi amici, parenti o familiari.
Si presenta come un uomo timorato da Dio, anche al fine di acquisire consensi alla sua causa. Con un esercizio magistrale della sua ironia, della sua dialettica, al solo fine personale diretto al Potere.
Principi, politici, mafiosi, hanno tutti la fisima di essere prossimi al Padre Eterno. Anzi, di essere, in molti casi, da esso discendenti. Dicendolo e pian piano credendoci anche. Con tutte le conseguenze drammatiche discendenti da tale convincimento.
Egli usa la sua posizione di potere e di forza per vincere chi gli è nemico o avversario; uomo o donna che sia.
Riccardo III usa la crudeltà della spada anche nel confronto con la bella Anna, della quale si dichiara innamorato, dopo averle confessato l'uccisione del marito, Edoardo, e del padre di lui, Enrico IV. Anna, inizialmente, gli sputa in faccia travolta dall'odio e dalla rabbia, ma, poi, quando lui le pone in mano la spada e l'invita ad affondarla nel suo petto, al fine di dissetare il suo (presunto) amore, lei lascia cadere a terra l'arma. cancellando con tale caduta tutte le resistenze nei confronti dell'assassino.
Da lì si fa strada la lusinga della vittima per l'essere l'oggetto del desiderio di quell'uomo che ha il fascino perverso del carnefice.
La sua crudeltà è strettamente connessa alla sete di potere.
"Il mio regno per un cavallo" è il grido finale di disperazione misto a coraggio e usurpazione, fatto da Riccardo III.
Ma è sola recitazione, di una parte violenta, barbara, della vita.
Nessuna misericordia per costoro!!!