Siam fatti anche noi della sostanza di cui sono fatti i sogni e nello spazio di un sonno è racchiusa la nostra breve vita.(Shakespeare/Bacone)

E' l'ambiente in cui veniamo cresciuti a determinare le nostre inclinazioni e le nostre aspirazioni.

4 gennaio 2017

STRANIERI

L'Uomo (In forma singola o collettiva), per natura, è un essere vivente che tende a spostarsi, per la ricerca di nuovi siti da conoscere o da popolare. Da sempre ci sono stati, in ogni dove, dei flussi/movimenti dovuti alle più varie motivazioni (Desiderio di conoscenza; Desiderio di potenza; Migliori condizioni di vita; Ricerca di libertà; Fuga dalla guerra / carestia; Fuga da persecuzioni politiche; Ecc). Fame di conoscenza che abbiamo imparato a conoscere anche con lo stesso Ulisse che dopo aver vagato nel Mare Nostrum non ha resistito alla tentazione di spingersi oltre le colonne d'Ercole per scoprire / vedere cosa c'era oltre.
Tali movimenti hanno interessato e interessano, in termini più o meno diversi, tutti i popoli della terra. Il problema, ai giorni nostri, sta nel tipo di approccio tra i migranti ed i nativi. Approccio che ha portato e porta condizioni di conflitto, anche cruento. Diverse sono state le conclusioni in cui sono sfociati detti conflitti. Nel passato (Prossimo e remoto) ed, anche, nel presente. In alcuni casi (Evito di approfondire per non essere tedioso) il conflitto ha portato alla sottomissione dei nativi da parte dei  migranti (E' il caso dei Greci che hanno colonizzato vaste zone dell'Italia meridionale). In altri casi i migranti si sono integrati, adeguandosi, agli usi e costumi dei nativi. In altri casi ancora entrambi i popoli hanno dialogato fra loro con un mescolamento  genetico, sociale, politico. Mescolamento che ha portato (E ci porterà in un futuro non so quanto remoto) all'uomo meticcio (Termine non usato in forma offensiva, ma solo in termini descrittivi). Penso a quanto è successo nel Nord America (Ove i migranti, del Nord Europa, hanno, di fatto, soppresso i nativi), al Sud America, ... ai flussi africani, ... Il problema non è locale (Italia, Grecia, Paesi Balcanici, come si potrebbe pensare guardando ai giorni nostri). E' universale. Basti pensare ai: -Messicani (Verso USA); -Vietnamiti e haitiani (Verso USA); -Europei (Verso USA); -Nord Africani (Verso Francia); -Africani (Verso Italia, Francia, Germania, Europa); -Africani (Verso USA); -Indiani (Verso Africa); -Italiani (Verso Svizzera); -Italiani del Sud (Verso Nord Italia); -Turchi (Verso Germania); -Ecc.
Anche allo stato attuale (Molto tempo dopo le analisi descritte nel "Buio oltre la siepe") bastano delle semplici osservazioni dirette (In Italia o in qualsiasi altro paese occidentale) per rendersi conto che esiste, ed è palpabile, un diffuso rifiuto nei confronti dello straniero (In quanto diverso, non solo in termini di cultura e pigmentazione cutanea). A  prescindere dalle problematiche terroristiche che non hanno fatto altro, a mio parere coscientemente, che esaltare la percezione del suddetto rifiuto. Restando, comunque, nel campo della buona fede penso che il problema principale, nella convivenza fra migranti e nativi, sia di origine culturale. E le persone maggiormente acculturate dell'una e dell'altra sponda, in ogni dove,  dovrebbero adoperarsi per il superamento, con buon senso, delle incomprensioni, legate, spesso, agli usi e costumi originari che il migrante porta con se.  Tra esse: - Per alcuni il rutto dopo il pasto era considerato un complimento per i padroni di casa. Non è così; - Per alcuni popoli asiatici mangiare rumorosamente e aspirare l'aria tra i denti è considerato un complimento. Non è cosa da fare; - In America centrale indicare l'altezza di una persona con la mano tesa orizzontale è considerato un atto offensivo rivolto all'interlocutore.
Tutte queste discrepanze si possono, certamente, superare con atti di reciproca buona volontà. Atti che spesso non si fanno spesso per retrogradi freni inibitori campanilistici e religiosi.

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