Siam fatti anche noi della sostanza di cui sono fatti i sogni e nello spazio di un sonno è racchiusa la nostra breve vita.(Shakespeare/Bacone)

E' l'ambiente in cui veniamo cresciuti a determinare le nostre inclinazioni e le nostre aspirazioni.

7 febbraio 2025

IL PARADOSSO DEL DECRETO DI ACQUISIZIONE SANANTE

 Gli Italiani quando parlano di Diritto, in generale, tendono a vantarsi facendo rimando al Diritto Romano o a quello della Magna Grecia. Facendo rimando alla cosiddetta "culla" della civiltà. 
Lasciando da parte le culle che appartengono al passato remoto esaminiamo, nel dettaglio, ora possibile, dei casi singolari che ci portano molto lontani dai reparti di ostetricia.
E' veramente paradossale il caso normativo del cosiddetto Decreto di Acquisizione Sanante (DAS), riguardante l'acquisizione, da parte di un Ente Pubblico (Comune, Provincia, Regione, Stato), di un immobile privato, in totale assenza dei previsti atti formali. In sintesi, un Ente Pubblico (ANAS, per esempio) per la realizzazione delle opere per una strada ha bisogno di acquisire un'area di proprietà di un cittadino. Fatta l'approvazione del progetto e confermata la caratteristica di opera di pubblica utilità l'Ente ratifica al Comune e al proprietario detta necessità di espropriare quella specifica parte del suolo. Poco dopo provvede alla redazione, contestuale, del Verbale dello Stato di Consistenza e di Immissione in Possesso dell'immobile. In seguito a tale operazione il cittadino proprietario viene privato di quel bene che passa nella immediata disponibilità dell'Ente, che lo consegna all'Impresa preposta per l'esecuzione dei lavori. Per norma, in ogni paese democratico, l'Ente ha un certo intervallo di tempo per formalizzare l'esproprio del bene (Frazionamento eventuale, Voltura catastale) e per provvedere al pagamento degli indennizzi dovuti al proprietario, spogliato di quel bene, per un interesse collettivo (La costruzione di una strada, nel caso ipotizzato).
E fin qui è tutto tranquillo. Il problema nasce quando, nella fase post immissione in possesso l'Ente dovrebbe perfezionare l'iter espropriativo. Secondo stime, forse approssimate per difetto, oltre il settanta per cento delle azioni ablative accese dagli Enti Pubblici per l'esproprio di beni immobili, in Italia, non sono state mai attivate oppure sono rimaste sospese sine die. In questi casi il bene ufficialmente continua ad essere intestato al privato cittadino, ma in effetti è stato acquisito dall'Ente Pubblico. In questi casi, teoricamente, il cittadino proprietario aveva, ed ha, la possibilità di ricorrere al Magistratura per vedersi riconoscere il giusto ristoro per la perdita del diritto di proprietà sul quel bene. Salvo casi sporadici i proprietari privati, per ovvi motivi di convenienza e di opportunità, hanno omesso di intraprendere tale via. Da qualche tempo l'Unione Europea davanti a questo scompenso (Ingiustizia) ha chiesto all'Italia di provvedere a novellare le tortuose norme del settore con adeguati atti che prevedano il giusto ristoro per detta espoliazione e a provvedere alla sanatoria delle situazioni pregresse. Da qualche tempo in Italia è stato, quindi, introdotto, nel Testo Unico degli atti espropriativi, il percorso dell'acquisizione sanante e quello del riconoscimento del giusto ristoro (Col problema della stima del bene). Nonostante il lungo intervallo di tempo trascorso la situazione  non solo non è migliorata in termine di Giustizia, ma ha subito dei passi indietro che hanno riportato in cittadino a ripensare e annullare qualsiasi azione giudiziaria contro l'Ente Pubblico.
In sintesi, l'Ente Pubblico, paradossalmente, ha più convenienza a lasciare nel limbo la definizione delle carte espropriative piuttosto che svolgere tutto secondo i termini previsti dalla legge. Infatti, sarà l'Ente, con gli stessi funzionari che hanno omesso di fare il proprio dovere, a dover, eventualmente, se costretti da qualcuno, accendere il meccanismo dell'acquisizione sanante, applicando valori unitari di stima irrisori risalenti al tempo del processo ablativo. 
Certo, i cultori del diritto potranno sempre dire che al cittadino proprietario è sempre aperta la strada del ricorso alla Giustizia. Ma la Giustizia per arrivare ad una sentenza ha bisogno di tempo, molto tempo, e di denaro, molto denaro, per il ricorso ad una Consulenza Tecnica di Ufficio. CTU che non sempre porta al giusto ristoro, anche in considerazione del fatto che il consulente, in genere libero professionista, potrebbe essere tentato a spingersi verso l'Ente Pubblico, potenziale committente futuro, piuttosto che starsene sereno nella giusta correttezza professionale. 
Con il proprietario che, spesso, si viene a trovare, senza alcun risultato risarcitorio e, per paradosso, con il carico, totale o parziale, delle spese tecniche e di giustizia. 
E, infine, scoprire che il gioco non valeva la candela.
E questa non è, certamente, la culla di alcun Diritto.

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