Publio Ovidio Nasone, poeta di elevato lignaggio, nacque a Sulmona (20/03/43 a.C.), visse a Roma, morì a Costanza. La sua straordinaria capacità nel comporre versi lo portò ad essere considerato il cantore, per eccellenza, della società del suo tempo. E' il poeta classico che, meglio di chiunque altro, ha saputo cantare l'amore come professione, beatitudine o dannazione. Ha percepito e raccontato lo spirito nuovo che aleggiava in città. I cittadini ricchi erano sempre più attratti dall'eleganza, dalla cultura, dall'ironia. Egli ha cantato il tutto con gusto, con raffinata ironica trasgressione. Amava scrivere e lo faceva con grande scioltezza, senza fermarsi in superficie. In ogni cosa scavava in profondità. Le sue Metamorfosi, di una raffinatezza unica, sono la rappresentazione della Roma, del suo tempo (Quello di Augusto). Con analogie ad oggi. Raffinatezza che ha conservato anche all'esilio, sul Mar Nero (Costanza, Scizia, Romania), ove fu mandato, da Augusto, forse, per ... una questione di donne, di corte. La terra è vista come il luogo di continue trasformazioni, cambiamenti, metamorfosi. Per tutti gli esseri viventi: i Miti, le persone comuni, il mondo vegetale. Anche i Miti, con lui, diventano materia vivente. Il concetto delle metamorfosi, pur esposto in modo eccellente, trova radici nella letteratura Alessandrina e non solo. Mito, Amore, Passione, attrazione, Turbamento d'animo: Tutto è in Trasformazione. Con lui anche lo sfogo sentimentale malinconico diventa componimento letterario assoluto. In Amores Ovidio descrive spassionatamente l'amore travolgente per Corinna e per altre donne, con la descrizione di avventure galanti. In Heroides, invece, con molta fantasia, riporta delle lettere d'amore, immaginarie, scritte da donne del mito ai loro amanti. In Ars Amatoria spiega, in termini raffinati, come conquistare l'amore femminile.
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